Se solo avessimo una registrazione della Cappella di San Marco al tempo di Gabrieli, o un Cd dell’Orfeo di Monteverdi nella sua prima escuzione! … Peccato! Niente di ciò esiste. Per cercare di capire a fondo la musica del passato siamo allora costretti a cercare tutte le informazioni che la descrivono.
Chi vive in un ambiente non nota le cose che l’abitudine ha reso per lui naturali e scontate. Per questo motivo spesso, nei trattati antichi, le spiegazioni sono generiche e a volte terminano con frasi quali: “tutti poi sanno come questa cosa venga eseguita dai migliori cantori…” o da espressioni quali “questo poi è più facile ascoltarlo che spiegarlo con parole”. Quante volte non troviamo quel piccolo particolare che cerchiamo e che ci illuminerebbe su come veramente era la musica del passato.
Ma anche nei tempi antichi poteva capitare di dover descrivere della musica a qualcuno, senza avere possibilità di farla veramente ascoltare: è il caso degli stranieri che, venuti in Italia, al loro ritorno oltralpe volevano spiegare ai loro concittadini quello che avevano sentito!
Un trattato tedesco ci illumina sulla prassi italiana del canto
E’ così che un piccolo trattato manoscritto di Christoph Bernhard (1628-1692) si rivela una delle fonti più preziose per comprendere l’arte del canto italiana del Seicento.
Bernhard era il migliore allievo di Heinrich Schütz (1585-1672), uno dei padri della musica barocca tedesca. Schütz era stato allievo di Giovanni Gabrieli a Venezia, dal 1609 al 1613. Gabrieli sul letto di morte gli aveva affidato il suo anello, quasi a significare che proprio questo tedesco era il suo allievo migliore. Schütz fu, in seguito, maestro di cappella alla corte di Dresda, dove Bernhard fu suo assistente. Cosciente del mutare degli stili, Heinrich Schütz volle ritornare a Venezia nel 1628, dove conobbe e probabilmente studiò con Claudio Monteverdi.
Heinrich Schütz
Come sempre i maestri insegnano e i discepoli prendono nota e scrivono i trattati. Così avvenne per Schütz e Bernhard. Quello che troviamo negli scritti di Bernhard è l’insegnamento del maestro; ma quello che lo rende prezioso è che si tratta di un insegnamento rivolto a chi non poteva ascoltare direttamente la musica di cui si trattava: la maniera italiana di cantare. Un po’ come se parlasse a noi, che non possiamo sentire direttamente la cappella marciana di Monteverdi, così anche i lettori tedeschi dell’epoca dovevano immaginare dalle sole parole il suono descritto. Per questo motivo il trattato di Bernhard è così dettagliato. Nella sua precisione, ci fa capire come l’arte del cantar barocco sia in gran parte ancora da scoprire!
Di seguito la mia traduzione di questo piccolo ma prezioso scritto.
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Von der Sing-Kunst oder Maniera di Christoph Bernhard (1628-1692)
1. Poiché per ottenere il titolo di cantante non è sufficiente di cantare subitamente a prima vista bensì, accanto a una buona voce, è richiesto anche un’espressione artistica, generalmente denominata maniera, è dunque necessario apprendere quali siano questi artifici, osservando e introducendo i quali chi canta si guadagna il nome di cantante.
2. Questa maniera è innanzi tutto di due tipi: uno che non cambia le note ed un secondo che le altera.
3. La maniera che non cambia le note è a sua volte duplice, vale a dire: un primo tipo considera solo le note, l’altro prende in considerazione anche il testo. Queste diverse maniere vengono chiamate con nomi distinti e per le loro particolarità sono nominate Cantar sodo e Cantar d’affetto. La maniera che altera le note viene chiamata Cantar passeggiato.
4. Le differenti maniere di cantare vengono anche nominate dai luoghi dove queste piacciono maggiormente: la prima Cantar alla Romana, la seconda alla Napolitana e la terza alla Lombarda. Tutte queste maniere verranno spiegate ora una dopo l’altra.
Cantar sodo o alla Romana
5. La maniera che rimane alle note scritte è detta Cantar sodo: così è chiamato il cantar semplice ed uguale, non perché sia semplice da imparare o perché sia cattiva cosa rimanere alle note scritte – in realtà è la cosa più difficile e faticosa, ed il fondamento delle altre maniere – bensì perché questa maniera non altera con passaggi le note, dando ad ogni singola nota la sua eleganza. Farà riconoscere come buon cantore anche colui che, senza una gola capace di passaggi e senza capire il testo, non sarà in grado di introdurre le altre due maniere.
6. Gli artifici che vengono introdotti nel Cantar sodo sono i seguenti: a) fermo, b) forte, c) piano, d) trillo, e) accento, f)anticipatione della syllaba, g) anticipatione della nota, h) cercar la nota, i) ardire.
7. Il fermo o tenere stabile la voce viene richiesto in tutte le note ad eccezione di dove viene usato il trillo o l’ardire. La bellezza del fermo si intenda così: il Tremulo – che sull’organo quando viene utilizzato suona gradevole poiché tremolano assieme tutte le voci – è un vizio, che in particolare nei vecchi cantori viene introdotto non come scelta ma perché non sono più in grado di tenere la voce ferma. Chi vuole più prove della bruttezza del vibrare, ascolti un vecchio cantare a solo; allora potrà capire perché il tremolare non è usato dai migliori cantanti, se non nell’ardire di cui sotto. Sebbene in altri luoghi è coltivato dai bassisti, sempre con la condizione che sia fatto raramente e su note corte.
8. Il Piano e il Forte, come gli altri artifici, li annoteremo qui di seguito con speciali segni e poiché il Piano e il Forte si susseguono uno dopo l’altro nel cantare li tratteremo insieme. Dapprima segneremo il Piano con P e il Forte con F.
9. Piano e Forte vengono usati a volte su una stessa nota o su un gruppo di note successive; nel primo caso si tratta di semibrevi o minime, nel secondo caso di valori più piccoli.
10. Nelle semibrevi e nelle minime si usa il Piano all’inizio, il Forte nel mezzo e da ultimo di nuovo il Piano quindi:
dove è importante notare che non si va improvvisamente da uno all’altro, altrimenti suonerebbe questo abbellimento veramente orribile.
11. Nelle note di valore più piccolo una parte di queste è cantata piano, quindi più forte e quindi di nuovo piano, cominciando quindi per lo più piano e finendo sempre piano.
12 Il Trillo è l’ornamento più difficile ma anche il più elegante e nessuno può essere considerato un buon cantante se non lo sa usare: è purtroppo assai difficile rappresentarlo a parole così da insegnarlo, quindi è necessario impararlo dall’ascolto; tuttavia si può mostrare all’incirca come deve essere fatto. Bisogna però notare che le voci a volte si formano nel petto e a volte in gola o, come dicono i musici, nella testa. E bisogna poi dire che non tutti possono battere il trillo con il petto, dove per altro si battono i migliori trilli, bensì solo alcuni; ad esempio gli altisti li devono fare in gola. Soprattutto però si faccia attenzione che nel Trillo la voce non cambi, al fine che non ne esca un belato. E si osservi anche che chi non riesce a fare bene il trillo, lo faccia breve, così che gli ascoltatori non notino la sua scarsa dote: a chi però viene bene, si è soliti farlo lungo il più possibile, così che sia piacevole e sorprendente. Si noti poi di non batterlo troppo veloce, ma di far oscillare la voce con regolarità, ma anche non troppo lento; e comunque meglio veloce che troppo lento, dove il giusto mezzo è l’ottimo.
13. Il Trillo viene fatto in tutti i luoghi dove è segnata la lettera t. Può anche essere fatto in altri luoghi, con coscienza, luoghi che si apprendono dall’esercizio e dall’ascolto degli altri più che da precetti che tolgono la libertà al cantante: alla cui discrezione va lasciato il scegliere su quali note fare un trillo. Va notato che comunque deve essere usato come le spezie nei cibi, che li fanno saporiti ma se usate in sovrabbondanza li rovinano. E’ nostra intenzione chiarire soprattutto quali sono gli artifici usati nelle maniere di cantare. Il loro utilizzo si può meglio apprendere dall’esercizio.
Quando in un trillo arriva il forte e il piano è assai piacevole da sentire ed avviene in due modi: a) il trillo inizia piano e poi poco a poco la voce aumenta b) quando si fa trilli doppi
esempio 3 di un trillo doppio
15. Accento è un piccolo ornamento, che nel finire di una nota viene formato con un suono uguale e vicino; sbagliano coloro che al posto di un leggero accento utilizzano un singulto marcato e mentre pensano di dare un ornamento al canto generano uno spavento nell’ascoltatore.
16.Viene utilizzato a) in note che scendono di grado b) in note sullo stesso grado c) nelle note finali.
esempio 4
17. Nel caso b) più note sullo stesso grado si può fare su una nota ma non su due di seguito, eventualmente la prima sì, la seconda no e la terza di nuovo sì.
18. Sebbene solo le sillabe che nel parlare sono accentate sopportino l’aggiunta dell’ Accento, mentre le sillabe deboli devono rimanere senza Accento, le ultime sillabe delle parole, che normalmente sono deboli, possono tuttavia, come detto sopra, prendere l’Accento.
19. L ‘Anticipazione della Syllaba si segna con S ed è – come dice il nome – una maniera per cui una nota da in prestito alla nota precedente la sua Syllaba.
esempio 5 che all’incirca viene cantato così:
20. L ‘Anticipazione della Syllaba viene usata
a) comunemente quando una nota sale di una seconda.
b) raramente quando una nota sale o scende di terza.
c) ancora più raramente quando una nota scende di quarta, quinta o sesta.
e) ancora più raramente quando una nota sale di quarta, quinta o sesta.
a) Quando sale di seconda la sillaba della nota seguente viene unita alla precedente nella maniera mostrata dall’esempio sopra riportato.
b) Quando una nota sale o scende di terza, si prende una parte della prima nota e si colloca la sillaba su una nota che collega le due note della terza:
esempio 6
c) Quando una nota scende di quarta, si suddivide la prima nota in due parti.
esempio 7
d) L’ultimo caso, quando una nota sale di quarta, non viene quasi mai usato, è comunque così:
esempio 8
21. L’ Anticipatione della nota è, come il nome stesso dice, un ornamento per cui una parte della prima nota viene trasformata nella seguente. Si usa quando le note salgono o scendono.
22. Quando le note salgono un intervallo di seconda, la prima nota viene suddivisa e l’ultima parte di questa mandata al tono della seconda nota; lo stesso quando l’intervallo è discendente.
esempio 9
23. Cercar della nota, si può indicare con c.
24. Esso viene impiegato o nell’inizio o nel progredire delle note. Quando usato all’inizio, si è soliti prendere leggera e corta una nota sotto la nota scritta e quindi scivolare alla nota sopra in maniera impercettibile.
esempio 10
25. Nel progredire delle note può essere usato sia fra note uguali che fra note che saltano. Quando sono note uguali ci si muove alla nota appena sotto o appena sopra.
esempio 11
Quando le note salgono o scendono di una seconda, per usare il Cercar della nota è necessario introdurre anche l’Anticipazione della nota, secondo le regole sopraddette, dunque
esempio 12
Quando le note si muovono di terza, il Cercar della nota prende la seguente forma.
esempio 13
Quando poi le note salgono o scendono di una quarta o una quinta, allora si prende il Cercar della nota una nota sopra o sotto. Anche se in questo caso viene raramente usato diamo l’esempio anche per questa situazione:
esempio 14
25. L’Ardire è un tremolo, che viene fatto sull’ultima nota di una clausola. Questo Ardire viene usato da pochi, se non dai bassisti, ai quali si addice al meglio perché a loro più che ad altri si concede il Tremulum; viene segnato con un #. Si noti bene che però non deve venire utilizzato sull’ultima nota di tutta una composizione, detta nota Finale.
Questo è dunque brevemente quello che si può dire della Maniera detta alla Romana, che tutti i Musici, sia cantanti che strumentisti devono utilizzare. Segue l’altro modo alla Napolitana .
Cantar alla Napolitana o d’affetto
26. Cantar alla Napolitana o d’affetto è una maniera tipica dei cantanti, perché solo loro hanno parole da cantare; pur tuttavia in una qualche misura è possibile anche agli strumentisti quando sanno esprimere sui loro strumenti le diverse armonie, gioiose o lamentevoli.
27. Questa “maniera” consiste nell’ osservare attentamente il testo e condurre la voce secondo le parole.
28. Questo avviene in due modi, il primo con riguardo delle singole parole e il secondo con riguardo del loro significato.
29. Il primo modo consiste nella giusta pronuncia che nel cantare è necessaria, così che il cantante non parli col naso, bisbigli o abbozzi soltanto le parole bensì si sforzi di ottenere una pronuncia graziosa e senza difetti. E nella lingua madre deve avere la forma più elegante: un tedesco quindi non usi il dialetto svevo o della Pomerania bensì la lingua colta, e un italiano non il bolognese, il veneziano o il lombardo bensì il fiorentino o il romano. Se poi il cantante canta in una lingua che non è la sua, dovrà essere capace per lo meno di leggerla correttamente. Per ciò che riguarda la lingua latina, poiché è pronunciata diversamente nei diversi paesi, il cantante si ritenga libero di pronunciarla come si è soliti nel luogo ove in quel momento canta.
Se qualcuno desidera però pronunciare il latino all’italiana, come la maggior parte dei cantanti sono abituati a fare, io ritengo questo una cosa lecita – per diverse ragioni che non sto a illustrare – anzi una cosa giusta e consigliabile. Soprattutto i tedeschi si devono sforzare di avere una chiara e distinta differenza fra B e P, D e T, F e V, come pure di non pronunciare al modo solito St, non quindi come nella parola tedesca Steten bensì come in besten. Nella stessa maniera vengano trattate Sp e Sc; in particolare poi vengano trattate le vocali senza scambiarle fra di loro, dando il loro giusto suono e non alla A il suono della O, o viceversa, o alla E il suono della I, etc.
30. La seconda cosa è il capire il significato, ed è ancora più importante del precedente.E’ quindi da richiedere che un cantante accanto al tedesco o alla sua madre lingua almeno sappia il Latino e l’Italiano, se non proprio saperli almeno capirli e cercare di apprendere le cose basilari di queste lingue. Altrimenti avviene, con grande scandalo degli ascoltatori più colti, che la loro ignoranza venga alla luce quando introducono un movimento sulla parola Confirmatio o una scaletta verso l’acuto sulla parola Abyssus.
31. Dalla comprensione delle parole si ricavano gli affetti che in loro sono contenuti; i più importanti sono gioia, dolore, ira, dolcezza e simili.
32. Nella gioia, nell’ira e nei simili affetti forti, la voce deve essere portata sonora, piena e convinta, le note non particolarmente legate e per lo più cantate come sono, poiché la maggior parte delle “maniere” – il piano, cercar della nota, anticipazione della sillaba e della nota – sono cose più melanconiche di ciò che questi affetti richiedono.
33. Per contro in parole tristi, miti e consimili è meglio usare toni più sottili, legare e slittare le note e introdurre le sopracitate “maniere”; solo forte, trillo e ardire vanno usati meno frequentemente che negli affetti forti. Inoltre negli affetti tristi si porti una battuta più lenta. Altre cose un cantante potrà impararle dal suo stesso giudizio o dall’esempio di altri cantanti.
34. Si può chiedersi se il cantante debba esprimere l’affetto delle parole anche con il viso e con i gesti. Si sappia che un cantante deve essere composto, senza fare mosse e che niente è più rovinoso: un cantante deve dare piacere a chi ascolta con una buona voce e buoni ornamenti, mentre può velocemente rovinare tutto con brutti gesti e mosse. Il cantante che si muove si abitui a cantare in coro, dietro alle grate, fino a quando avrà imparato a rimanere composto.
E secondo la mia esperienza non è bene che nel fare musica in Mottetti e cose simili si introducano dei gesti come in una commedia musicale, e in una commedia solo se veramente si deve interpretare un personaggio, più che per essere un buon cantante.
https://www.youtube.com/watch?v=59kabcN2uPg
Ora brevemente della terza maniera di cantare o cantar passeggiato.
Cantar passeggiato o alla Lombarda
35. La maniera di cantar passeggiato o alla Lombarda è una una maniera per cui non si rimane sulle note che si incontrano, bensì si cambiano con Diminuzioni o Colorature.
36. Diminuzione è quando la nota, nel giusto rispetto della battuta, viene suddivisa; vale a dire: una nota che vale mezza battuta viene divisa in quattro fuse, 8 semifuse o 16 subsemifuse, senza quindi rimanere fermi sulla nota ma in maniera elegante correndovi sopra; ecco l’esempio:
esempio 15
Esempi di diminuzioni si possono facilmente trovare da più parti.
37. Queste Diminutioni necessitano le seguenti regole:
devono essere impiegate con giudizio, perché continue tirate e alterazioni del testo musicale rendono pesante e faticoso il cantare, non solo al cantante, ma anche agli ascoltatori. Ed è quasi folle far sentire solo passaggi: anche questo ornamento deve essere usato come il sale e le spezie nel cibo.
Seconda cosa: queste diminuzioni non devono andare né troppo alte né troppo basse, né distanziarsi eccessivamente dalle note del testo a costo altrimenti di rovinare la composizione, presto introducendoci quinte o ottave parallele o unisoni non desiderati o scambiando ed incrociando le parti, così distruggendo nolente o volente la ben pianificata armonia.
Terza regola devono essere evitati tutti gli intervalli scomodi e difficili, che sono assai sgradevoli per la voce e più eseguibili dagli strumentisti.
38. Le colorature sono quelle che non si legano alla battuta del tempo, bensì spesso esigono due o tre tempi in più. Si osservi che queste arrivano solo nelle battute finali e non troppo spesso e devono essere condotte in una maniera singolare. La più parte sono già mostrate; un solo ben scritto mostra la comprensione di un compositore per l’arte del canto. Per il resto fra colorature e diminuzioni non vi è una grossa differenza: quello che vale per l’une vale per le altre.
39. E’ meglio e più musicale quando un cantante o uno strumentista nelle colorature sulle cadenze non cambia la nota, vale a dire ritorna sulla stessa nota alla fine. E’ quindi un errore introdurre nelle cadenze delle colorature o diminuzioni come le seguenti:
esempio 16
Si originano così con le altre voci delle quinte, quarte, ottave o unisoni.
E’ dunque meglio variare nelle seguenti maniere:
esempio 17
40. Quando però si fa musica da soli accompagnati da un organo o da un liuto, allora non si deve essere così osservanti come quando si è in polifonia. E’ sufficiente astenersi dal passeggiare e colorare senza criterio. Nel Basso non devono essere fatte colorature e velocità se non quelle stabilite dal compositore, perché altrimenti si distrugge il fondamento del canto e rimane distrutta la base della composizione, sentendosi solo orribili dissonanze. Si consideri dunque con attenzione questa frase mantovana: Bassus alit voces, confortat, fundet et auget.
Le altre voci potranno diminuire, ma senza introdurre degli errori. Sarà semplice evitarli se ogni diminuzione termina nella nota da cui è iniziata.
Per finire è ancora necessario notare che un buon cantante o musico sottile sappia controllare la Qualitate e Quantitate Toni: con l’affetto dell’umiltà e dell’amore non dovrà alzare la voce e per contro, nell’ira, far cadere il tono.
Si noti dunque che, nello stylo recitativo, nell’ira si alza il tono e nel turbamento lo si lascia cadere; i dolori si esprimono con le pause; l’impazienza con l’accelerando; la gioia ravviva, il desiderio rende intrepidi; l’amore sensibili, la vergogna trattiene; la speranza rafforza; il dubbio diminuisce; la paura abbatte; il pericolo si fugge gridando; ma se uno si trova in pericolo può anche condurre la voce che esprima coraggio e fermezza.
Ricapitolando: un cantante non deve cantare attraverso il naso, non deve balbettare, altrimenti è incomprensibile, non deve sputacchiare con la lingua o bisbigliare, altrimenti si capisce a metà. Non deve chiuder i denti né aprire esageratamente la bocca o appoggiare la lingua sulle labbra, né sporgere i labbri o piegare la bocca o le guance o il naso come un cercopiteco; non deve unire le sopracciglia o aggrottare la fronte o stortare gli occhi o la testa, ne tremar con le labbra, etc.