Jesus Christus, unser Heyland sub Communione pedaliter. BWV 665
Jesus Christus, unser Heiland, der von uns den Gotteszorn wandt, durch das bittre Leiden sein half er uns aus der Höllenpein.
Gesù Cristo, nostro Salvatore, che ha distolto da noi l’ira divina, con il suo amaro dolore ci ha aiutato ad uscire dalle pene dell’inferno.
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Questo è l’ultimo corale del manoscritto, annotato da Bach di proprio pugno; i due corali successivi saranno aggiunti dal genero Altnikol, probabilmente dopo la morte di Bach. Non è chiaro quindi quale fosse il progetto generale della raccolta. Dove finiva? Là dove Bach ha smesso di scrivere? Le aggiunte sono volute da Bach? Probabilmente non è e non sarà mai più possibile dare una risposta a queste domande.
In una precedente versione, il corale Jesus Christus, unser Heiland BWV 665 riportava la dicitura in Organo pleno.
In questo preludio al corale ogni linea è trattata in una sezione in sé conclusa: come in un mottetto, quando il testo cambia, cambiano le figure melodiche. In ogni sezione la linea del corale è ripetuta dalle quattro voci: tenore, contralto, basso, soprano; ogni sezione si conclude con alcune battute di coda.
La voce del basso è divisa fra manuale e pedale. Il pedale suona solo quando nel basso si presenta il canto fermo del corale. Troviamo un utilizzo simile del pedale nella raccolta dei corali Neumeister o in brani quali il Preludium et Fuga in do minore BWV 549; queste opere appartengono alle prime esperienze compositive del giovane Bach e per questo motivo anche il preludio al corale BWV 665 è ritenuto un’opera giovanile, forse fra i più antichi della raccolta.
Il corale Jesus Christus, unser Heyland è cantato, nel rito luterano, durante la comunione. Il testo ci ricorda il sacrificio di Cristo per noi. Il carattere drammatico di BWV 665 si rivela pienamente nella terza sezione, dove il dolore è raffigurato musicalmente con il cromatismo: lo scontro armonico che ne consegue è di una incredibile modernità. Ma già nella sezione iniziale la linea melodica che fa da contrappunto al corale contiene un salto di quarta diminuita, un passus duriusculus:
Albert Schweizer così descriveva le singole sezioni:
“La collera divina del secondo verso è rappresentata con una imitazione dei colpi di frusta che ha l’identico ritmo della flagellazione della passione secondo S. Matteo.
Nel III verso, alle parole “dolorosa passione” interviene il motivo cromatico: la cadenza di questo passo, simile a quella che descrive la parola “disperazione” dell’Agnus Dei, si effettua per moto contrario, ed è il non plus ultra del cromatismo.
Finalmente all’ultimo verso “ci ha salvato dall’inferno” subentra una brillante fantasia sul motivo della resurrezione:
che termina naturalmente con un’audace cadenza ascendente.
da: Albert Schweizer “Bach, il musicista poeta” (1905, edizione italiana Suvini Zerboni del 1952)
Jesus Christus, unser Heyland alio modo. BWV 666
In un’altra raccolta di corali organistici, la III parte della Clavierübung, Bach abbina sempre un corale grande ad una seconda versione più breve e concisa, denominando quest’ultima alio modo. Anche Jesus Christus, unser Heyland BWV 666 sembra abbinarsi al corale precedente, presentando una versione più contenuta. Il pedale viene utilizzato solamente per una singola nota alla fine.
Oltre al manoscritto di Altnikol, possediamo una copia per mano di Johann Gottfried Walther. Questo manoscritto che presenta alcune legature e ornamenti aggiuntivi:
Komm Gott Schöpfer, heil’ger Geist in Organo pleno con Pedale obbligato BWV 667
Komm, Gott Schöpfer, heiliger Geist, besuch das Herz der Menschen dein, mit Gnaden sie füll, wie du weisst, dass sie dein Geschöpfe sein.
Vieni Spirito Santo, visita il cuore degli uomini. Dio creatore, riempilo di grazia, che tu sai che essi sono tue creature.
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La melodia dell’antico inno ambrosiano Veni Creator Spiritus è affidata dapprima alla voce superiore e quindi, in note lunghe, al pedale. La dedica allo Spirito Santo, l’indicazione in Organo pleno e il canto fermo nel pedale fanno una perfetta simmetria con la Fantasia BWV 651 che apriva la raccolta: secondo molti commentatori questa composizione, nelle intenzioni di Bach, doveva chiudere il ciclo.
La prima parte di questa composizione si trova anche nell’Orgelbüchlein. La versione dell’Orgelbüchlein presenta qualche ornamento aggiuntivo; manca inoltre la dicitura in Organo pleno.
Il ritmo particolare del pedale accentua, nella scansione ternaria, il terzo tempo: forse un’allusione alla terza persona della Trinità?
Nella scelta del tempo sarà importante trovare il giusto equilibrio fra vivacità dei sedicesimi, ritmo danzante e maestosità della registrazione (la registrazione con il ripieno ci suggerisce un tempo non troppo veloce; le canne gravi del pedale devono poter parlare anche quando il pedale esegue un ottavo isolato!).
Vor deinen Thron tret ich BWV 668
Vor deinen Thron tret ich hiermit, o Gott und dich demütig bitt: wend dein genädig Angesicht von mir betrübtem Sünder nicht.
Davanti al tuo trono io mi presento, o Dio e chiedo umilmente: non volgere il tuo volto misericordioso da me povero peccatore.
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L’ultimo corale della raccolta si presenta incompleto: si conserva solo una pagina. Per ricostruire l’intero corale siamo costretti a consultare la stampa dell’Arte della Fuga, raccolta pubblicata dopo la morte di Bach. Carl Philipp Emanuel inserisce qui il corale BWV 668 quasi per scusarsi di aver pubblicato incompleto l’ultimo contrappunto. Il corale porta il titolo Wenn wir in höchsten Nöthen (quando noi nell’estremo bisogno).
La leggenda vuole che Bach, ormai cieco, dettasse al genero questo corale sul letto di morte. Christoph Wolff ha ben chiarito la questione: la famoso dettatura si trattava in realtà di un’ulteriore revisione. Il corale era già una variante di una composizione che troviamo nell’Orgelbüchlein, BWV 641.
Bach aveva “decolorato”, vale dire aveva tolto tutti gli ornamenti, della breve versione dell’Orgelbüchlein, e aveva fatto precedere ogni linea del canto fermo da alcune battute in stile imitativo.
Il corale è sicuramente denso di simboli. La risposta che inizia ogni frase è a moto contrario raffigura forse l’uomo che desidera alzarsi verso Dio, e Dio che viene incontro a lui.