1983: era il mio ultimo anno da studente a Basilea, alla Schola Cantorum; in realtà andavo e venivo da Milano perché stavo per sposarmi ed avevo iniziato ad insegnare alla Scuola Civica di Musica, istituzione dove tutt’ora insegno.
Lo studio a Basilea nella classe di Jean-Claude Zehnder mi aveva offerto delle bellissime esperienze, fra cui un viaggio della classe d’organo in Sassonia. Un viaggio di cui ho un vivo ricordo, non solo per gli organi storici e i luoghi bachiani visitati per la prima volta, ma anche per l’incontro con la società della DDR. I controlli alla frontiera, il regime poliziesco, la miseria dei negozi e l’abbandono di molti edifici sacri mi avevano molto impressionato.
Gli organi Silbermann
Fra i vari strumenti, accanto ai grandi organi del Duomo di Freiburg e del Castello di Altenburg, avevamo visitato gli organi Silbermann di Grosshartmannsdorf, Pönitz, Rötha e di Schlossburgk. Fra tutti mi avevano particolarmente colpito i due organi di Rötha, a pochi kilometri da Lipsia.
La Kantorin Maria Schödel ci aveva accolto con un calore ed un’ospitalità straordinari. Ognuno di noi studenti aveva avuto modo di rimanere qualche ora a suonare su uno dei due organi del paese, uno nella chiesa principale, la Georgenkirche, l’altro nella chiesa del cimitero, la Marienkirche.
Io, fra i due, avevo scelto il più piccolo, affascinato dal suo timbro pastoso e dalla capacità dei registri di amalgamarsi. Il Subbasso era particolare: sapeva dare grandezza al ripieno ma, quando usato con registrazioni delicate, sapeva essere delicato.
L’organo Silbermann della Georgenkirche
Sant’Alessandro
Nel 1984 Don Casiraghi, il parroco della Chiesa milanese di sant’Alessandro, mi interpellò per la costruzione di un organo: non fu quindi un caso se subito pensai all’organo Silbermann di Rötha, tanto era vivo il mio ricordo di questo strumento stupendo.
La chiesa di Sant’Alessandro era grande. Aveva un grande organo pneumatico in cantoria, sopra al portale di ingresso. Questo strumento, un Carrera ottocentesco riformato da Tamburini, era da tempo in pessime condizioni. La sovrintendenza agli organi di allora non sapeva dare consigli su come restaurarlo. Gli organari interpellati non davano garanzie sulla riuscita del restauro: il sistema pneumatico originario infatti si era rivelato difettoso già all’origine; nello stesso tempo lo strumento, del 1914, era ormai classificato come monumento storico e non poteva essere alterato.
Il parroco, che desiderava avere comunque un organo nella sua chiesa, una fra le più belle chiese del centro di Milano, decise allora di far costruire un secondo organo a pavimento, «piccolo, bello ed interessante» mi disse. Era la prima volta che venivo interpellato come esperto per la costruzione di uno strumento. Decisi allora di scommettere, sapendo che il budget a disposizione era piccolo e quindi lo strumento non poteva avere che una decina di registri.
In Italia stava nascendo allora la prassi esecutiva con strumenti originali: andando a Basilea ero stato uno dei primi italiani ad abbracciare questa idea e, fondando con Giovanni Antonini e Paolo Beschi l’ensemble «il Giardino Armonico», avevo dato vita ad uno dei primi gruppi con strumenti originali in Italia. Ebbi l’intuizione che costruire la copia di uno strumento storico avrebbe avuto una risonanza ben più grande di un piccolo organo liturgico di dieci registri.
Fu chiesto a tre giovani organari, che avevano appena costruito la loro opera prima da poco. Giancarlo Bardelli, Massimo Lanzini e Carlo Dell’Orto ricevettero nel 1985 l’incarico per costruire una copia dell’organo Silbermann della Marienkirche di Rötha che divenne la loro Opera II. Con loro rifeci l’avventuroso viaggio attraverso il confine fra Germania federale e DDR. A Rötha, con la complicità di Maria Schödel, potemmo rimanere tre giorni a studiare e misurare lo strumento in ogni dettaglio.
durante il viaggio del 1985 (… qualche capello nero in più)
Certo non fu possibile smontare il somiere e sicuramente al giorno d’oggi, lavorando con tranquillità e non di nascosto, una copia potrebbe essere ancora più accurata. Ciò nonostante lo strumento milanese suona incredibilmente simile al suo modello e la sensazione per l’organista è veramente di suonare due strumenti gemelli.
La cassa nel piccolo laboratorio di Arona, prima sede della ditta Lanzini- Dell’Orto
L’organo ebbe un grandissimo successo: nel libro degli ospiti, che dal 1987 ogni prima domenica del mese hanno suonato su questo piccolo strumento, conserva i commenti entusiasti di Gustav Leonhardt, di Ton Koopman, di Harald Vogel e di molti altri. Fra questi mi piace ricordare Michael Radulescu: fuggito dalla Romania comunista, non era mai riuscito ad avere il visto per entrare in DDR ed era visibilmente commosso nel provare questo piccolo strumento.
Se oggi è assai frequente che un organo nuovo abbia una sua caratterizzazione musicale, all’epoca questo era inusitato. Molte furono le polemiche di chi non accettava un organo senza il do diesis grave, con un temperamento inequabile, per non dire di chi accusava gli organari di colpire a morte la tradizione italiana costruendo uno strumento in stile tedesco. Ogni discussione passa veloce e alla fine il tempo è giudice…
Oggi questo strumento, sempre in ottime condizioni, rimane un prezioso arricchimento del panorama musicale milanese ed un segno dell’inizio di una stagione interpretativa che ancora continua feconda.
Disposizione dell’organo:
Manual (C, D – c³, in San Alessandro d³)
PRINCIPAL. | 8.Fuß. | |
Gedackt. | 8.Fuß. | |
OCTAVA. | 4.Fuß. | |
Rohr Flöte. | 4.Fuß. | |
NASSAT. | 3.Fuß. | |
OCTAVA. | 2.Fuß. | |
TERTIA. | (1 3/5´) |
|
QUINTA. | 1 ½. Fuß. |
|
SUFFLET. | 1.Fuß. | |
Cymbeln. | (2fach) |
Pedal (C, D – c¹, in San Alessandro d¹)
SUBBASS. | TROMPETE 8.Fuß. (in San Alessandro) |
PEDAL-COPPEL |