Bach: i corali dell’autografo di Lipsia

introduzione; BWV 651-654

Introduzione

Negli ultimi anni della sua vita Johann Sebastian Bach rielaborò alcune opere, composte tempo prima, radunandole in raccolte: così presero forma il II Libro del Clavicembalo ben temperato, la Messa in si minore e il manoscritto che, in Italia, viene comunemente denominato  dei “18 Corali di Lipsia”.

Il prezioso autografo, che riunisce questi corali organistici, è conservato nella Biblioteca di Berlino (consultabile on line: https://www.bach-digital.de/receive/BachDigitalSource_source_00001203).

Bach iniziò a compilare il manoscritto a partire dal 1740, aggiungendo di quando in quando una composizione. Verso la fine della raccolta la calligrafia diventa insicura. Gli ultimi corali non sono più scritti da Bach: BWV 666 e 667 sono aggiunti dal genero Johann Christoph Altnikol (secondo qualche musicologo, dopo la morte di Bach).

Il corale Von deinen Thron tret ich BWV 668, che chiude la raccolta , è conservato incompleto ed è scritto da un copista rimasto anonimo. Quest’ultimo corale sarà incluso da Carl Philipp Emanuel Bach nell’Arte della Fuga, quasi come una consolazione per gli ammiratori di Bach, delusi di trovare l’ultimo contrappunto dell’Arte della Fuga incompleto.

La raccolta dei “18 Corali di Lipsia” solleva molte questioni: non sappiamo in realtà se il numero di diciotto sia stato voluto da Bach; quale fosse il titolo della collezione; se fosse stata intrapresa con l’intenzione di pubblicarla; se i corali aggiunti da Altnikol appartengano davvero al piano dell’opera.

Nonostante vengano spesso chiamati “Corali di Lipsia” – a Lipsia Bach redasse l’autografo che noi conosciamo – la nascita di queste composizioni (ad esclusione forse dell’ultimo corale, BWV 668) è databile agli anni in cui Bach ricoprì la carica di organista a Weimar (1708-1717), periodo in cui egli compose la maggior parte delle sue opere organistiche.

La capacità di Bach di elaborare un corale si realizza in queste pagine in maniera straordinaria: spesso le singole frasi del corale vengono preparate e collegate da episodi. In questi episodi il cantus firmus, affidato spesso ad una seconda tastiera o al pedale, tace e permette così una chiara comprensione della struttura della composizione. A volte la melodia del corale viene ornata, o da piccoli abbellimenti o con veri e propri “passaggi”.

Alcuni corali sono presentati in più elaborazioni che, di volta in volta, sembrano approfondire differenti strofe del testo. Questa continua attenzione, non solo alla melodia ma anche al testo del corale, rende queste composizioni fra le più cariche di significati teologici e simbolici di tutta la produzione organistica bachiana.

Dai tempi di Lutero tutta l’assemblea partecipava al canto dei corali: queste pagine organistiche di Bach sembrano essere però più che un preludio al canto della comunità una vera e propria predica in musica sul loro significato.

 

Fantasia super Komm heiliger Geist, canto fermo in Pedal, in Organo pleno. BWV 651

Komm, heiliger Geist, Herre Gott, erfüll mit deiner Gnaden Gut deiner Gläubgen Herz, Muth und Sinn, dein brünstig Lieb entzünd in ihn’. O Herr, durch deines Lichtes Glanz zu dem Glauben versammelt hast das Volk aus aller Welt Zungen. Das sei dir, Herr, zu Lob gesungen. Halleluja, Halleluja.

Vieni, Spirito santo, Signore Dio, riempi con la tua santa grazia il cuore, l’animo e la mente dei credentie accendi in loro la fiamma del tuo amore. O Signore, con lo splendore della tua luce hai radunato alla fede popoli di tutte le lingue. Si canti in tua lode, Signore. Alleluja, alleluja.

 

Il corale è la traduzione tedesca dell’antico inno Veni, Sancte Spiritus. La composizione per organo, ancor prima che un’invocazione alla Spirito Santo, sembra una raffigurazione degli effetti provocati dalla sua discesa sulla terra: i veloci sedicesimi al manuale raffigurano il vento e le fiamme della Pentecoste, descritte negli Atti degli Apostoli, e la melodia nel pedale simboleggia la forza e il fondamento dati alla nostra fede dallo Spirito.

E’ molto interessante studiare le differenze la versione dell’autografo e la versione originariamente scritta a Weimar,  (la versione di Weimar porta il numero di catalogo BWV 651a ed è facilmente consultabile in molte edizioni). La composizione era assai più breve; Bach, nella stesura definitiva la allarga, creando così un imponente brano d’apertura a tutta la raccolta. Il lavoro di revisione è importante e ci lascia intravedere il compositore pieno d’impegno nell’iniziare la nuova raccolta, su cui aveva molte aspettative. Nel procedere del manoscritto,  i seguenti corali mostreranno sempre meno differenze con le versioni originarie, versioni note grazie alle copie fatte a Weimar da alcuni allievi; forse altri impegni e altri progetti non lasciarono il tempo a Bach per dedicare così tanto tempo a questa raccolta, così come avrebbe voluto all’inizio della stesura.

Il corale BWV 651 rimane dunque un inizio grandioso che, anche oggi, ben si colloca all’inizio di un concerto o di una celebrazione solenne (6 minuti, attenzione!).

Si noti come il soggetto che pervade il manuale è disegnato sulle note iniziali del corale. Sulla partitura la forma grafica sembra richiamare il disegno delle fiamme dello Spirito. Se avete un 32′ al pedale nell’organo su cui suonate, questo è il brano dove usarlo. Il canto fermo suonerà come il rombo dello Spirito che irrompe nella stanza dove erano chiusi gli Apostoli.

Venne all’impovviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posavano su ciascuno di loro.

Komm heiliger Geist, alio modo à 2 Clav. et Ped. BWV 652

Questa seconda elaborazione del corale Komm heiliger Geist è il corale organistico più lungo mai scritto da Bach.

Ogni singola frase della melodia viene proposta nelle quattro voci della tessitura, dapprima nelle voci mediane, quindi al pedale e da ultimo nella voce superiore, eseguita su una tastiera dalle sonorità più forti e con l’aggiunta di ornamenti. Lo stile ricorda il mottetto polifonico, coniugato con la tradizione organistica della Germania del nord; in particolare la pagina conclusiva, in cui le fioriture della melodia sottolineano la parola Halleluja, ripropone gli stilemi delle fantasie su corale di Dieterich Buxtehude o di Johann Adam Reincken.

In confronto alla prima elaborazione in Organo pleno, questa seconda versione ha un’espressione più raccolta e si riferisce probabilmente alla seconda strofa del corale:

Du heilige Brunst, süsser Trost, nun hilf uns, fröhlich und getröst in deim Dienst beständig bleiben, die Trübsal uns nicht abtreiben.

Tu sacro fervore, dolce consolatore, aiutaci ora, felici e consolati, a rimanere sempre al tuo servizio, e che nessun turbamento ci svii.

 

An Wasserflüßen Babylon  à 2 Clav. et Pedal. BWV 653

Il 21 novembre 1720, Johann Sebastian Bach tenne un concerto nella Catharinenkirche di Amburgo; in chiesa era presente anche l’anziano Johann Adam Reincken. Bach, in suo onore, improvvisò alcune variazioni sul corale An Wasserflüssen Babylon, che aveva sentito suonare anni prima dallo stesso Reincken. Al termine dell’esecuzione Reincken si avvicinò a Bach, e, facendogli i complimenti, gli disse: «Credevo che quest’arte fosse morta, ma vedo che vive ancora in voi!».

 

An Wasserflüssen Babylon
da sassen wir mit Schmerzen,
als wir gedachten an Zion,
das weinten wir von Herzen.
Wir hingen auf mit schwerem Mut die Harfen und die Orgeln gut
an ihre Bäum’ der Weiden,
die drinnen sind in ihrem Land;
da mussten wir viel Schmach und Schand
täglich von ihnen leiden.

Lungo i fiumi di Babilonia là ci sedemmo con dolore; quando pensavamo a Sion piangevamo di cuore. Appendemmo con animo oppresso le arpe e gli strumenti ai salici che crescono nella loro terra; là ogni giorno dovevamo sopportare le loro offese e il loro disprezzo.

 

Nell’esilio di Babilonia gli ebrei piangevano la loro sventura, ricordando con nostalgia la terra di Sion. Nella musica di Bach traspare la nostalgia verso la patria celeste, da cui ci separano le angosce e le tristezze di questa vita terrena. In una versione a pedale doppio di questo corale (BWV 653b) la melodia è affidata alla mano destra. Anche la versione dell’autografo conserva il pedale doppio, anche se solo per le ultime battute: è consigliabile quindi evitare il registro di 16′ al pedale. La scrittura può ricordare una tierce en taille (ricordiamoci che Bach aveva copiato il Livre d’Orgue di De Grigny) ma la scala discendente che chiude la melodia del corale si ferma in una tessitura dove una registrazione con la terza non suona compatta. Un registro ad ancia si adatta meglio, a mio parere, a cantare la melodia.

 

Schmücke dich o liebe Seele à 2 Clav. et Pedal. BWV 654

Schmücke dich , o liebe Seele, lass die dunkle Sündenhöhle. Komm ans helle Licht gegangen, fange herrlich an zu prangen. Denn der Herr voll Heil und Gnaden will dich jetzt zu Gaste laden; der den Himmel kann verwalten, will jetzt Herberg in dir halten.

Adornati, anima mia, abbandona gli angoli bui del peccato. Vieni alla luce splendente ed inizia, magnifica, a brillare. Perchè il Signore, pieno di grazia e salvezza vuole oggi invitarti; colui che comanda al cielo troverà ora rifugio dentro di te.

 

Questo preludio al corale è fra i più celebri della raccolta. Mendelssohn lo eseguì durante un concerto a Lipsia nel 1840 e Robert Schumann, presente in quell’occasione, scrisse: “il cantus firmus è come ornato da ghirlande di foglie dorate; se anche la vita ti avesse tolto fede e speranza, questo corale te le darebbe nuovamente”.

Il ritmo ricorda quello di una Sarabanda: è importante suonare la voce del pedale non completamente legata.  Il basso, quasi un violoncello che sostiene il basso continuo, è infatti all’origine della pulsazione ritmica: la vera linfa ritmica al brano viene data dalla scansione del pedale.

Questo corale segue altre due composizioni (BWV 652 e 653) con un andamento simile (in 3/4). In un concerto in cui vengano presentati tutti i 18 corali è particolarmente importante saper cogliere le differenze fra questi tre corali: affermativo e gioioso il primo (con una registrazione del pedale che comprenda anche un registro di 4′: si notino i passaggi veloci al pedale nell’ultima pagina); meditativo e doloroso il secondo, con una registrazione raccolta; il terzo, sognante ed espressivo.