Girolamo Frescobaldi: Toccate per l’Elevazione

Il linguaggio del dolore

Le Toccate per l’Elevazione di Girolamo Frescobaldi sono fra i capolavori della musica d’organo. Frescobaldi ne pubblicò cinque: due nel II Libro di Toccate (1627) e tre nella raccolta dei Fiori musicali (1635).

Funzione liturgica

La funzione liturgica di queste composizioni e ben spiegata da Adriano Banchieri, nel suo trattato L’Organo suonarino (1605):

          “Suonansi due volte brevissimamente a gli Sanctus. Poi si suona alla Levatione,                                                          ma piano & cosa grave che muovi alla devozione“

Il suonare all’Elevazione si originò dalla pratica di alternare il canto fermo all’organo; l’ultimo versetto del Sanctus, corrispondente al Benedictus, veniva prolungato dall’organista per il tempo necessario al sacerdote per le preghiere di consacrazione. Nel momento centrale il celebrante innalzava l’ostia e il calice del vino, divenuti corpo e sangue di Cristo: da qui il nome “Elevazione“. Il momento della consacrazione era, ed è, il culmine della liturgia. Fino al Concilio Vaticano II, l’organista era solito accompagnare questo momento con una musica, per così dire, “di sottofondo“.

Così scrive Girolamo Diruta nel trattato il Transilvano (1609), il metodo d’organo più conosciuto in tutto il Seicento:  “Il Quarto Tono rende l’Armonia lamentevole mesta, e dogliosa. Il Registro principale con il tremolo farà quest’effetto, overo in qualche Registro del Flauto suonato nei suoi tasti naturali con le modulazioni appropriate. Questo tono, & il Secondo, sono quasi d’una medema Armonia; ve ne servirete per sonar’ alla levatione del Santissimo Corpo, & Sangue de N.S. Giesù Christo, imitando con il sonare li duri & aspri tormenti della Passione.“

Le Toccate frescobaldiane e il loro vocabolario

Le Toccate per l’Elevazione frescobaldiane corrispondono perfettamente alle indicazioni del Diruta. Ma come realizza Frescobaldi l’imitazione dei “duri & aspri tormenti della Passione“?

Egli fa, innanzi tutto, ampio uso di dissonanze. Si noti come il temperamento mesotonico inasprisca il carattere di molte fra queste dissonanze.

 

Il cromatismo, fin dai tempi di Gesualdo da Venosa, era entrato nel repertorio musicale come simbolo di sofferenza e asprezza. La prima Toccata dei Fiori musicali porta addirittura il titolo “Toccata chromatica per la levatione“ ; il cromatismo pervade tutte e cinque le Toccate per l’Elevazione frescobaldiane.

Toccata IV, Secondo Libro, parte finale:

La dissonanza è a volte espressa nell’andamento melodico, quello che la retorica musicale definisce passus duriusculus.

Come il tono dell’oratore deve scendere verso il grave (catabasi), per esprime stanchezza, sofferenza e abbandono così le Toccate per l’Elevazione sono pervase da linee discendenti. Quando compare una sorta di soggetto imitativo, questi è sempre un soggetto che parte dall’alto per ripiegarsi verso il grave. Si noti come le poche figure che ascendono sono dei momenti in cui l’interpretazione può acquistare vita a sottolineare un raggio di luce che entra nell’atmosfera scura e dolorosa.

Particolare è il ritmo sedicesimo-ottavo puntato che ricorre nelle due Toccate dal secondo libro e che conclude la Toccata dalla Messa della Madonna, nei Fiori musicali.

Spesso è impropriamente chiamato ritmo lombardo; il suo nome seicentesco è “accentando“ o “gruppeggiando“ (si veda ad esempio la Toccata per l’Elevazione di Gregorio Strozzi, 1687 dove questi nomi sono espressamente usati). L’effetto imita il singhiozzo del pianto. Il modello è da cercarsi nelle monodie vocali dell’epoca, dove ricorre nei lamenti e nei passaggi espressivi.

La musica di Frescobaldi imita la musica vocale del suo tempo, dove si andava affermando il nuovo stile monodico: lo capiamo anche dall’uso sapiente del rubato presente più volte in queste Toccate (la sprezzatura descritta da Giulio Caccini). In alcuni passaggi l’insicurezza del procedere ben traduce in musica la teatralità di certi crocifissioni del Seicento, dove i personaggi recitano l’abbandono e lo sconforto totale davanti al Cristo morto.

Suonare Adagio: musica fra eternità e tempo reale

Il suonare Adagio non è solo consigliato da Girolamo Diruta, da Costanzo Antegnati e da altri trattati dell’epoca. Frescobaldi stesso indica “Adasi“ per la prima Toccata dei Fiori musicali.

Un suo contemporaneo e imitatore, il frate francescano Giovan Battista Fasolo, suggerisce:                              “la Elevazione vuol essere gravissima; non guardino che le figure siano o bianche o negre, ma faccino cadere le ligature (cioè le dissonanze), sostenendole alquanto più della sua misura“

Si potrebbe allora cercare di applicare questa indicazione, fermando il tempo su alcuni accordi particolarmente dissonanti.

Nel suonare questa musica è fondamentale che l’ascoltatore perda la pulsione del tempo. Il fermare il tempo è sicuramente aiutato da una registrazione col tremolo, come indicato da tutte le fonti antiche. Il suono che vive permette alla musica di fermarsi ancora di più.

(Si noti che il registro Voce umana non era diffuso nella Roma di Frescobaldi e diventerà tipico per il suonare all’Elevazione solo nel Settecento; più verosimile per Frescobaldi l’uso del Principale solo con tremolo).

La sensazione per chi ascolta che il tempo sia sospeso è conseguita anche con la scarsità di cadenze perfette, particolarità che contraddistingue le Toccate per l’Elevazione. Di solito una cadenza infatti punteggia la musica, ne scandisce le parti e sancisce la conclusione di un discorso. Il miglior allievo di Frescobaldi, Johann Jakob Froberger, porterà all’estremo questa caratteristica: le sue due bellissime Toccate per l’Elevazione non contengono nessuna cadenza perfetta, al di fuori di quella conclusiva.

Il tempo sembra fermarsi, il tempo sembra non scorrere più: è il tempo del dolore, che ci pietrifica davanti alla Passione di Cristo.

Ma la sospensione del tempo è anche la metafora musicale con cui Frescobaldi vuole esprimere il toccarsi fra eternità e tempo presente. Esattamente ciò che avviene sull’altare durante la consacrazione.

  1. Caro Maestro,

    Molte grazie per questo articolo Maestro.

    In primo luogo, sono grato che tu abbia chiarito il momento nella liturgia. Ho pensato che la toccata per l’elevazione fosse suonata immediatamente dopo l’elevazione dell’ostia e del calice da parte del prete. Il mio pensiero era anche alla luce delle intense preghiere citate dopo la consacrazione e la proclamazione del “mistero della fede / mysterium fidei”. Purtroppo non ho piena conoscenza della messa prima del Concilio Vaticano II.

    In secondo luogo, volevo gentilmente chiederle se le nozioni e la prassi esecutiva descritta si possono applicare al certe toccate (quelle piu introspettive), ‘durezze et ligature’,’benedictus et elevatio simul’ o ‘consonanzi straviganti’ ecc. della scuola Romana (Frescobaldi), Napolitana (de Macque, Trabaci) e Siciliana (Fasolo). Ad esempio, Fasolo afferma nel ‘Benedictus et elevatio simul’ (Annuale, 1645) di suonare “largo assai facendo godere le ligature, e durezze”.

    Grazie ancora per le tue blog e per le bellissime pratiche di performance che sono un’opportunità artistica e di apprendimento costante.

    Cordiali saluti da Malta.
    John Aquilina.

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