I concerti per organo e orchestra di George Fredrich Handel/ II parte

II parte

I concerti di Handel pongono all’interprete non poche difficoltà. Nella prima parte di questo scritto (qui: https://lorenzoghielmi.com/i-concerti-per-organo-e-orchestra-di-george-frederich-handel/) ne abbiamo visto la storia e  capito per quale tipo di organo furono composti.

Affrontiamo ora, qui di seguito, due problematiche specifiche che si presentano all’interprete: la dicitura “ad libitum“, che ricorre numerosissime volte nei concerti,  e la questione dell’ornamentazione.

La dicitura “ad libitum”

“Un tocco fine e delicato, le dita che volano [sulla tastiera] e una resa perfetta dei passaggi più difficili sono lodi che si addicono ad artisti mediocri; queste doti, neppure si notavano in Handel, le cui virtù erano di un livello ben più elevato. L’incredibile controllo dello strumento, la pienezza dell’armonia, la solennità e la dignità dello stile, la fantasia infinita e la fertilità dell’invenzione erano qualità che mettevano in secondo piano ogni adempimento di livello inferiore. Quando suonava un concerto, il suo metodo era generalmente di introdurlo con un voluntary (vale a dire un’improvvisazione, n.d.t.) eseguito con i registri di diapason, che rapiva l’orecchio in una progressione lenta e solenne, l’armonia densamente intrecciata e piena quanto più possibile; i passaggi erano concatenati con grande arte e nello stesso tempo l’insieme rimaneva perfettamente comprensibile, dando un’impressione di grandissima semplicità. Questo genere di preludio era seguito dal concerto stesso, che egli eseguiva con un estro ed una sicurezza che mai nessuno avrebbe potuto cercato di uguagliare”.

(John Hawkins, General History of the Science and Practice of Music. Londra 1776. Vol.V. p. 415)

L’improvvisazione era dunque la maniera con cui Handel iniziava i suoi concerti. L’improvvisazione (denominata anche “ad libitum”) permeava tutte le esecuzioni di Handel; così ci raccontano tutti i contemporanei che ebbero la fortuna di ascoltare il grande musicista. La dicitura “ad libitum” (a piacimento) è presente più volte nelle partiture dei concerti. Il significato è però di volta in volta differente e può essere ricondotto alle seguenti quattro situazioni:

Prima situazione

Ad libitum indica l’improvvisazione di un intero movimento affidato solo all’organo, mentre l’orchestra tace. Solitamente si tratta di un Adagio; a volte Handel ci suggerisce la tonalità e il tempo (ad esempio: Adagio ex A ¾ nel Concerto in fa maggiore HWV 295  – ascolta l’esempio sonoro, qui sotto – ;  altro esempio: Adagio ad libitum e poi una Fuga allegro ad libitum nel Concerto in re minore  HWV 304).

A volte la dicitura ad libitum si sovrappone ad un intero movimento già scritto per esteso: in tal caso il movimento in questione deve essere considerato una sorta di esempio o di codificazione di una delle molteplici possibilità di esecuzione (il terzo movimento del Concerto in sol op. IV n. 1 riporta ad esempio la dicitura ad libitum; oppure il terzo tempo del Concerto in fa maggiore op. IV n. 4: si noti che questo movimento è la trasposizione all’organo dell’Adagio di una sonata per flauto e basso continuo).

Seconda situazione

la dicitura adlibitum si trova su i due accordi finali e denota l’introduzione di un breve passaggio in cadenza; in particolare questo avviene sulla cadenza sospesa alla dominante, posta a conclusione di molti movimenti.

Una serie di esempi scritti per esteso da Handel e dai sui imitatori (nel terzo esempio Giuseppe Sammartini, attivo a Londra pochi anni dopo Handel) può illustrarci meglio questa pratica e darci qualche esempio di realizzazione:

esempio 1

G.F. Handel, Adagio dalla II Suite per Clavicembalo HWV 427 (si noti la cadenza scritta in caratteri piccoli sul penultimo accordo).

esempio 2

G.F. Handel, Adagio e staccato dal Concerto op. IV n. 2

esempio 3

Giuseppe Sammartini, Spiritoso del Concerto op. IX n. 3

 

Terza situazione

Nei concerti dell’opera VII troviamo spesso la dicitura ad libitum nei soli di cui Handel annota solo l’inizio e la fine. Sappiamo che Handel compose ed eseguì i concerti dell’opera VII quando ormai era quasi cieco: la fine e l’inizio erano la guida per gli orchestrali, per sapere quando ricominciare a suonare dopo l’improvvisazione del maestro. L’interprete di oggi deve sviluppare il “solo” in maniera conseguente alle figurazione melodica delle prime battute e prendere a guida, quando presenti, le annotazioni di Handel sulla partitura (nell’esempio seguente, ad libitum harpegg, costruendo una figurazione in arpeggi)  

In questo processo di improvvisazione o di completamento dei soli frammentari è importante, per l’interprete, fare suoi gli schemi armonici handeliani. Questi sono facilmente deducibili dai “soli” dell’op. IV, composti interamente e scritti per esteso. Si noti comunque come anche nell’op. IV venga a volta riportata, sopra ad un “solo” scritto per esteso, la dicitura ad libitum. Questa dicitura dava al compositore la libertà di improvvisare. La dicitura era destinata al copista che, nel preparare le parti dell’orchestra, doveva diligentemente annotare che le misure d’aspetto potevano essere diverse da un’esecuzione all’altra; era necessario attendere il gesto del direttore per ricominciare a suonare. In questo caso, per l’interprete di oggi, non è necessario aggiungere una sorta di cadenza libera al solo già scritto: ma il “solo” deve essere considerato e suonato in maniera analoga ad un’improvvisazione.

Quarta situazione

Un caso particolare di ad libitum si trova all’inizio del Concerto op. IV n. 1:

La notazione vuole sicuramente essere uno schizzo per la struttura melodica dove le note della mano destra sono i punti di partenza per delle figurazioni ornamentali. La mano sinistra dovrà a mio parere rispettare l’andamento del movimento.

Una situazione analoga si trova al”inizio del Concerto in re minore HWV 304:

Un’ultima questione da porsi è se i concerti stessi debbano o meno essere preceduti da un Voluntary organistico, cioè da un Adagio sui Diapasons, come descritto da Hawkins (vedi la citazione sopra). Gli accordi che aprono il Concerto op. IV n. 4 e il Concerto op. VII n. 1 potrebbero allora essere interpretati come l’accordo finale di un adagio introduttivo. Una serie di movimenti lenti, ricchi di armonie dissonanti, e destinati ai registri di Diapason (open and stopped Diapasons, vale a dire i due registri di 8’, uno aperto e uno tappato, cioè Principale 8′ e Bordone 8′ uniti), aprono i Voluntaries di John Stanley e di William Boyce: più di ogni altra pagina ci sembrano cogliere il modello di queste improvvisazioni handeliane.

Ornamentazione

Una questione strettamente collegata all’improvvisazione è quella dell’ornamentazione. E’ risaputo che in tutto il periodo barocco gli abbellimenti costituirono una parte fondamentale del linguaggio musicale. Alcune scuole, quali ad esempio la scuola francese, iniziarono ben presto a codificare con una serie di simboli e di tabelle questi abbellimenti, ma in molti altri paesi europei questa pratica rimase confinata al momento dell’esecuzione, senza  annotazioni sulla partitura. Anche nell’Inghilterra del Settecento abbiamo alcune fonti che sembrano darci un’illustrazione di cosa abbia voluto dire un’ornamentazione “barocca”: si vedano ad esempio le Fughe di Philipp Hart, contemporaneo londinese di Handel, cariche di ornamenti o il metodo di Nicolò Pasquali “the art of fingering the harpsichord”, stampato ad Edimburgo nel 1750, che dedica agli ornamenti alcune preziose pagine. La ricchezza di abbellimenti in musica ben corrisponde all’abbondanza di ornamenti nell’architettura e nelle arti visive del periodo.

Fra le testimonianze più suggestive della prassi esecutiva della musica handeliana vi sono alcuni organi meccanici, che conservano annotati su rulli di legno alcuni fra i concerti dell’opera IV. I rulli  di legno, che azionano un organo automatico, una sorta di “organetto di barberia”, conservati nella Colt Clavier Collection, Bethersden, Kent (Inghilterra) ci offrono una versione con una notevole quantità di ornamenti, soprattutto nei movimenti lenti.

G.F. Handel, Adagio dal Concerto op. IV n. 5

G.F. Handel, Allegro dal Concerto op. IV n. 5 nella versione dei rulli conservati nella Colt Clavier Collection

Accanto ai concerti della Colt Collection esistono ben due orologi le cui suonerie sono state composte da Handel. Anche in questo caso l’ornamentazione si presenta estremamente abbondante, varia e, per il nostro gusto, addirittura imprevedibile (Le composizioni sono state trascritte e pubblicate da Pieter Dirksen per la casa editrice The Diapason Press, Utrecht 1987).

Il repertorio dei concerti per organo

A conclusione di questa piccolo scritto sui Concerti di Handel elenchiamo una lista di Concerti per l’organo, pubblicati a Londra nella prima metà del Settecento, senza pretesa di essere esaustivi.

Queste composizioni, pagine spesso di grande piacevolezza e solida fattura, possono sia allargare il repertorio sia aiutare ad approfondire la comprensione dei concerti handeliani, da subito considerati modello da imitare ed ancora oggi annoverati fra i capolavori del repertorio organistico.

John Stanley 1713-1786  op. II Concerti Grossi (l’organo è dato come alternativa al concertino, normalmente eseguito da due violini e basso) (1742);   6 Concertos op. X (1775)

William Felton 1715-1769  op. I (1744); op.II (1747); op. IV (1752); op. V (1755);  op. VII (1760)

Richard Mudge 1718-1763   Concerto (1749)

Giuseppe Sammartini 1695-1750  4 Concertos (postumi, 1754)

Thomas Chilcot c1700 -1766  6 Concertos (per clavicembalo, set I ) (1756), 6 Concertos (set II) (1766, postumi)

Vincenzo Ciampi 1719-1762   6 Concertos op. 7 (1756)

Charles Avison 1709-1770  12 Concertos (1758)

Thomas S. Dupuis 1733-1796  6 Concertos (1760)   

Philip Hayes 1738-1797   6 Concertos (1769)

Thomas Arne 1710-1778  6 Favourites Concertos (ca. 1787)

(PS. volentieri segnalatemi altri concerti da inserire in questa lista. LG)