Sull’interpretazione dei concerti Bach-Vivaldi per organo

All’inizio del Novecento furono proprio i concerti trascritti da Johann Sebastian Bach per organo, a portare alla progressiva riscoperta e la rivalutazione della musica e della figura di Antonio Vivaldi.

Questi concerti servirono alla musicologia anche come orientamento per la datazione delle opere di Bach: l’influsso di Vivaldi fu infatti così forte sul giovane compositore tedesco che ben si può parlare di “musica bachiana prima“ e “musica bachiana dopo“ il suo incontro con le partiture del “Prete rosso”.

Il musicologo Hans-Joachim Schulze ha pubblicato nel 1972 un prezioso articolo (in The Organ Yearbook) che risolve gran parte delle questioni di ordine musicologico. Riassumendone i contenuti, possiamo dire che l’elaborazione dei concerti fu fatta da Bach a Weimar negli anni 1713 – 14. Fu il principe Ernst di Weimar-Sassonia, fratello cadetto del principe regnante, a richiedere queste trascrizioni, dopo aver portato a Weimar, di ritorno da un viaggio ad Amsterdam, i concerti di Vivaldi. Questa musica era entrata a far parte del repertorio dell’orchestra di corte. Il principe stesso commissionò non solo Bach ma anche Johann Gottfried Walther le trascrizioni organistiche (J.G. Walther, di cui si conservano una ventina di concerti “appropriati all’organo”, scrive nella sua autobiografia di averne trascritti addirittura 78!).

Alla ricerca di suggerimenti interpretativi

Ma queste informazioni sono solo curiosità storiche o ci aiutano nell’esecuzione e nell’interpretazione di queste opere? E’ importante, per l’organista, il confronto con la versione per strumenti ad arco?

La varietà dinamica, la velocità, la ricchezza di risorse del violino sembrano infatti mete troppo difficili da raggiungere. La tentazione è di proporre all’organo questa musica in forma di “riduzione facilitata”: rallentando i tempi allegri , rinunciando ai cambiamenti dinamici e alla varietà dei colpi d’arco. Il sapere che Bach scrisse questi concerti a diretto confronto con un’esecuzione strumentale dell’orchestra di corte, ci deve far rifiutare una versione organistica “mortificata”, ed ad accettare la difficile sfida! Non hanno forse carattere di sfida alcune pagine di questi concerti?

Si pensi, ad esempio, al terzo movimento del concerto in la minore, dove a battuta 86  l’organista suona con la mano destra il secondo violino, con la sinistra il primo violino, con il piede destro i violini di ripieno e con il piede sinistro il basso, trasformandosi in una sorta di “uomo-orchestra”. 

 

 

Velocità d’esecuzione

Sulla velocità con cui venivano eseguiti i concerti italiani abbiamo un’interessante testimonianza di Georg Muffat:

     “Nella direttione della Battuta (…) si han’ da imitarsi massimamente gl’Italiani, quali sotto l’Adagio, Grave, e Largo vanno molto più lentamente che i nostri, ed a tal segno che ben spesso pare non poter aspettarsi: ma sotto l’Allegro, Vivace, Presto & c. suonano tutto con molto più gran prestezza e vivacità.

E dalla pontuale osservanza dell’opposizione della lentezza alla prestezza; della forza alla tenerezza; e dalla pienezza del Concerto grosso alla delicatezza del Concertino, come accade alla vista dalla contrarietà del chiaro ed oscuro, così vien l’udito rapito in ammirazione”.      

(dalla prefazione a Auserlesener mit Ernst- und Lust-gemengter Instrumental-Music, Passau 1701)

Johann Mattheson così scriveva nel 1713:

        “I concerti, in senso lato, sono riunioni musicali e collegia musica, ma nel senso stretto la parola è spesso usata per significare musica da camera per voci e strumenti e in senso ancora più specifico, pezzi per archi composti in modo tale che ciascuna parte a volta a volta predomini e rivaleggi, per così dire con le altri parti; ed anche quei pezzi in cui soltanto la parte più acuta predomina e in cui, fra i vari violini, uno, denominato “Violino concertino”, spicca in ragione del fatto che è suonato con particolare rapidità”.

Il mercante tedesco Johann Friederich Armand von Uffenbach così annotava nel suo diario, durante una visita al teatro S. Angelo a Venezia nel 1715:

    “Verso la fine Vivaldi suonò un a solo – splendido – a cui fece seguire una cadenza (Phantasie), che davvero mi sbalordì (…): faceva salire le dita fino al punto che la distanza d’un filo le separava dal ponticello, non lasciando quasi spazio per l’archetto, e questo su tutte le corde con imitazioni e con velocità incredibile”

Leggendo quest’ultima citazione come non pensare alle grandi cadenze del concerto in do maggiore BWV 594? Si noti che nell’ultimo tempo il grande “solo” di battuta 180, composto in gran parte da sedicesimi, è in tempo tagliato.

Se sul violino alcuni colpi d’arco risultano a volte più facili eseguiti veloci che lenti, sull’organo la “gran prestezza e velocità”, la “particolare rapidità” e la “velocità incredibile ” rendono questa musica difficile: ma si tratta a nostro parere di musica virtuosistica. Non è casuale che l’autografo bachiano del concerto in re minore sia rimasto in possesso di Wilhelm Friedmann, l’unico fra i figli di Bach ad essere un virtuoso d’organo (per lui furono scritte anche le sonate in trio). Lo stesso Wilhelm Friedmann copiò di sua mano il concerto in do maggiore. Nelle sonate in trio il paragone con un trio di strumenti costituisce una preziosa chiave di lettura e una sorta di provocazione virtuosistica per l’organista chiamato “a fare per tre”; a nostro parere così vanno letti  anche i concerti: come musica tecnicamente esigente. L’organista deve saper suonare veloce come un violinista!

Dinamiche e registrazioni

Il francese Charles De Brosses così scriveva di Vivaldi nel 1739:

Hanno un sistema di accompagnamento che noi non conosciamo, ma che sarebbe facile introdurre nelle nostre esecuzioni, che valorizza moltissimo la loro musica; è l’arte di aumentare o diminuire il suono, che potrei definire l’arte delle sfumature e delle ombreggiature. Questa tecnica viene praticata sia gradualmente che bruscamente. Accanto al Forte e al piano, al fortissimo e al pianissimo, essi hanno anche un più o meno enfatico mezzo piano e mezzo forte.»

Le numerose indicazioni dinamiche che incontriamo nelle partiture vivaldiane sembrano venir dimenticate nelle trascrizioni per tastiera.

Con quali registri si deve suonare all’organo? deve o no l’organista ricorrere  a cambiamenti di registri?

Ascoltando la maggior parte delle esecuzioni odierne gli interpreti sembrano scegliere, per i movimenti veloci, le seguenti soluzioni:

1) Organo pleno, contrapponendo il Ripieno del Grand’organo a quello del Positivo, senza ance al pedale e senza nessun cambio di registrazione

2) registrazioni ” più violinistiche” che rinunciano all’impiego delle Misture

3) uso di tutte le possibilità “coloristiche” dell’organo, comprendendo quindi registri di flauto o ad ancia, mischiate secondo la logica della sorpresa e del piacere personale, con l’intento di “competere con la varietà degli strumenti ad arco”.

Quale fra queste interpretazioni si avvicina maggiormente all’intenzione di Bach?

Il concerto in re minore BWV 596 è l’unico concerto di cui possediamo l’autografo: questo manoscritto si rivela prezioso per la presenza di indicazioni di registrazione.

I violini solisti vengono imitati con il suono chiaro e discreto del Principale (o per la precisione dell’Ottava 4′ suonata un’ottava più grave); per il violoncello Bach ricorre al Principale unito all’Ottava e non esita ad introdurre il 32′ al Pedale. Il contrasto fra soli e tutti è realizzato con l’introduzione del Pleno.

Si potrebbe ipotizzare che sia stata la particolarità di queste registrazioni a far sì che Bach le scrivesse, omettendole negli altri concerti dove la musica non desiderava registrazioni “insolite”.

A questa obiezione si oppongono le seguenti considerazioni:

  1. se l’autografo fosse perduto, conosceremmo questo concerto solo attraverso una copia manoscritta (conservata nella biblioteca di Berlino; segnatura P.289) che non riporta indicazione di registrazione: anche una registrazione insolita, quindi, non sempre era indicata.
  2. anche il concerto in  do maggiore richiede chiaramente una registrazione particolare in base 4′ per il Positivo tergale, eppure in nessuno dei manoscritti pervenutici vi sono indicazioni di registrazione: gli autori del passato erano assai avari di indicazioni anche se ciò non significava certo monotonia di registrazione.

L’uso dell’Organo pleno per i ” tutti” e il Principale, o il Principale e Ottava per i “soli”  dona invece grande contrasto, in parallelo all’estetica del concerto d’archi.

Bach però non rispetta rigidamente la divisione fra le tastiere: “tutti”= Grand’organo, “soli”= Positivo tergale;  per questo motivo nel concerto in la minore e nel concerto in do maggiore, se si decide per una forte differenziazione dei manuali come punto di partenza, si rende necessario attuare qualche cambio di registrazione durante l’esecuzione.

Avviene infatti che nel corso di uno stesso movimento si propongano contrastanti situazioni musicali: ad esempio nell’ ultimo movimento del concerto in la minore a battuta 86 il Grand’organo deve chiaramente essere prevalente sull’accompagnamento realizzato al Positivo tergale;

ma nei passaggi a batt. 75 e a batt. 118, subito prima e subito dopo il passaggio citato sopra, i due manuali devono avere un’identica registrazione. Solo così si può realizzare l’astuta soluzione con cui Bach ripropone sulla due tastiera la scrittura per due violini di Vivaldi.

Il Grand’organo più forte, come richiesto a battuta 86, darebbe luogo, in questo passaggio, ad accenti in levare assolutamente antimusicali e improponibili. L’unica possibilità rimane un cambiamento di registro!

 

Del concerto in la minore BWV 593 non possediamo l’autografo, ma una delle copie manoscritte è stata realizzata da un allievo di Bach: Johann Friedrich Agricola. In questo manoscritto ritroviamo a batt. 51 e 63 del I movimento e  a batt. 114 del III movimento la dicitura “Organo pleno”.

A nostro parere si tratta anche qui di un richiamo ad un cambiamento di registri: al Grand’organo un registrante toglie e aggiunge il ripieno a seconda che la musica sia un “tutti“ o un “solo“. (A titolo di esempio: il ripieno del Grand’organo viene tolto a Batt. 48 per essere reintrodotto a batt. 51, come richiesto dal manoscritto sopra citato).

Forse, spingendosi un gradino oltre, anche il 16′ del pedale potrebbe essere tolto nei passaggi dove, nella versione orchestrale, il contrabbasso non suona (ad esempio in questo movimento batt. 55-61, 71-78).

Solo con un minimo di varietà dinamica si rimane in gara nella competizione con gli strumenti ad arco. Agli scettici non resta che meditare sul primo movimento del concerto in re minore, con le sue indicazioni autografe di cambi di registri!

Ricordiamo che nell’Organo pleno erano normalmente incluse le ance al pedale. Se si desidera imitare l’orchestra d’archi, escludendo le ance al pedale, si ricordi però che nelle orchestre italiane non era infrequente trovare la sezione dei bassi raddoppiata da strumenti a fiato (il fagotto per Vivaldi, i tromboni per Torelli).

Varietà di articolazione

Già nel 1624 Samuel Scheidt intravedeva nell’Imitatio violistica la possibilità di arricchire ed abbellire l’esecuzione organistica: egli suggeriva di unire alcune note con un’esecuzione legata, ad imitazione dei migliori esecutori di strumenti ad arco. Questi usavano a volte, per ornamento, suonare più note nella stessa arcata. Scheidt è il primo compositore ad utilizzare il segno di legatura per esprimere, sugli strumenti a tastiera, una varietà di articolazione.

Nelle opere organistiche di Bach l’uso della legatura è assai frequente, soprattutto dove la scrittura musicale è ad imitazione degli strumenti ad arco: nelle Sonate in trio, nei Corali Schübler, ma anche in opere che risalgono al periodo di Weimar (si pensi ad esempio al corale Ich ruf zu dir BWV 639).

Anche nei concerti BWV 592-596 troviamo segni di articolazione: non poche legature negli Adagi e nei passi solistici degli Allegri.

Vivaldi e Bach utilizzano il  termine Spiccato per il movimento lento del concerto in re minore. Qui, a nostro avviso, sono gli accordi della mano sinistra che devono essere suonati corti, “spiccati”; in questo modo il contrasto fra melodia e libertà del solo e ritmicità dell’accompagnamento diventa ancora più intenso.

Un più attento esame agli originali per archi dei concerti  può suggerirci alcuni arricchimenti a riguardo dell’articolazione. Gli esempi che seguono vogliono essere uno stimolo all’approfondimento della competizione fra organo e violino.

 

I concerti Bach-Vivaldi sono fra le pagine organistiche di Bach di grande difficoltà: questo articolo non si propone di facilitarne l’esecuzione bensì di rendere consapevole l’organista della difficoltà. Non ultimo rimane il fatto che ben pochi organi rendono giustizia a questo repertorio. Se desideriamo avere un organo con Positivo tergale, con il 32′ e il mi3 al pedale (come richiesto da Bach nei concerti), dobbiamo constatare che nessun strumento storico conservatosi fino ai nostri giorni possiede queste caratteristiche e che ben pochi strumenti moderni sono concepiti con un’estetica sonora adeguata alla musica del Settecento. Ma, per fortuna, la musica di Bach é ben più grande della nostra incapacità e di qualsiasi organo!