Giovanni Paolo Cima non è certo un musicista noto al grande pubblico. Alcune sue composizioni sono conosciute e suonate, già da molti anni, dai cultori della musica antica: si tratta di alcune sonate pubblicate da Cima a Milano nel 1610, in appendice alla sua raccolta Concerti ecclesiastici. Queste sonate furono ripubblicate, in edizione moderna, già nel 1957.
La Sonata a Violino e Violone è annoverata dai manuali di storia della musica come la prima “sonata per violino e basso continuo” data mai alle stampe, cosa su cui potremmo a lungo discutere, perché in realtà la scrittura non è certo quello di un brano solistico. Sicuramente però ci ricorda come Milano fu un importante centro di sviluppo del violino: a Milano furono pubblicati i primi trattati sull’arte di suonare il violino, da Riccardo e Francesco Rognoni e da Gaspare Zanetti.
Una seconda Sonata per il cornetto e trombone entrò, agli albori della riscoperta della musica antica, a far parte del repertorio dei flautisti dolci; poco dopo anche il cornetto riprese il suo posto nella vita musicale, grazie ad una serie di interpreti – in primis l’amico Bruce Dickey -, riappropriandosi di questo bellissimo brano.
Ma cosa sappiamo di Giovanni Paolo Cima?
La vita
Le informazioni sulla sua vita sono poche e per lo più legate alle prefazioni della musiche da lui date alle stampe.
Organista del Santuario di Santa Maria presso San Celso, che forse dopo il Duomo era la chiesa più importante per la qualità della musica in Milano, sappiamo frequentò molte delle Accademie (cioè dei concerti privati) che regolarmente si tenevano nei palazzi dei nobili milanesi. Nella prefazione del Partito de Recercari et Canzoni alla francese (1606) ci insegna come far colpo in queste accademie, preparando delle speciali accordature del clavicembalo che consentissero di suonare in tonalità inusitate… queste indicazioni ci sembrano una sorta di manuale di come aver successo in società, con qualche piccolo trucco, simile ad un giochetto di magia!
Alle poche notizie si aggiungono alcuni documenti dell’archivio del Santuario di Santa Maria presso San Celso, dove Cima fu organista dal 1595 alla sua morte. Come molti altri musicisti milanesi, morì durante la grande peste del 1630. A quell’anno risale il suo testamento e dopo quell’anno il suo nome sparisce dai registri di santa Maria presso san Celso.
Una fonte antica, l’Ateneo dei Letterati milanesi del Piccinelli (1670), così lo descrive:
In materia di musicali compositioni, & prattica d’organo, cima di virtuoso fu Gio.Paolo Cima. All’eminenza del suo merito corrispose il tempio intitolato di nostra Signora presso San Celso, ove per molti anni servì d’Organista, e di Mastro di capella. Egli era agile di mano, netto nel batter i tasti, leggiadro e spiritoso nelle compositioni. o suonasse l’organo, o toccasse il gravicembalo, rapiva. Fu virtuosissimo compositori di Canoni, ricercate & altre vivezze, attinenti ai professori così di contrappunto come d’organo.
Anche altri componenti della sua famiglia, il fratello Andrea e il figlio Giovan Battista, furono musicisti.
La musica
Se oggi ricordiamo Cima soprattutto per le sonate strumentali sopra citate, i contemporanei lo stimavano soprattutto come contrappuntista. Nel 1622 alcuni canoni e ricercari di Cima furono inclusi nel trattato La Regola del contrappunto e della musical compositione…di Camillo Angleria, un allievo cremonese di Claudio Merulo. Questo trattato ebbe un discreto successo; un Ricercare di Cima finì addirittura incluso, più di un secolo dopo, nel trattato di contrappunto di Padre Giovan Battista Martini.
L’opera oggi più conosciuta è la grande raccolta dei Concerti Ecclesiastici, pubblicata a Milano nel 1610, e di cui Andrea Friggi ci da una bellissima edizione, consultabile gratuitamente in rete:
https://ks15.imslp.org/files/imglnks/usimg/0/09/IMSLP160655-WIMA.db21-Cima_Urtext.pdf
Accanto a questa raccolta, il Partito de Recercari et Canzoni alla francese (1606), recentemente riedito da Armando Carideo per l’editore il Levante, rappresenta un importante esempio della musica strumentale di Cima. Questa stampa contiene una serie di ricercari e canzoni a 4 voci, il repertorio tipico della scuola milanese. A Milano furono pubblicate o composte una serie innumerevole di raccolte simili (Ottavio Bariola, Cesare Borgo, Vincenzo Pellegrini, Antonio Mortaro, Francesco Rovigo, Ruggero Trofeo, Giandomenico Rognoni, Agostino Soderini, Francesco Della Porta … solo per citarne alcuni nomi, senza pretesa di completezza).
Questa musica aveva una destinazione molteplice, comune a molte delle raccolte del primo Seicento italiano edite in partitura, (un formato dove le varie voci erano disposte su quattro pentagrammi sovrapposti). L’esecutore poteva eseguire le quattro voci su uno strumento da tasti, leggendo direttamente dalla partitura, o trascriverle in intavolatura (non a caso molte di queste raccolte ci sono arrivate nelle intavolature di Torino e di Pelplin).
I brani potevano anche essere eseguiti da quattro strumenti; per alcune di queste raccolte la fonte a stampa è in parti sciolte (quattro fascicoli separati con le voci di soprano, alto, tenore e basso). Il Partito serviva allora all’organista per accompagnare: l’esempio più evidente sono le canzoni di Giovan Domenico Rognoni. Egli edita le sue canzoni in parti sciolte, a cui aggiunge il Partito (cioè la stampa in partitura con i quattro sistemi sovrapposti) con l’indicazione che per suonare “meglio è il Partito che il Basso continuato”. L’idea che l’organista raddoppiasse le voci, è presente anche nell’indicazione che Giovan Paolo Cima inserisce alla fine del suo libro di Concerti Ecclesiastici. La miglior maniera di accompagnare era considerata quella di seguire le voci, raddoppiandole e omettendo soltanto i passaggi ornamentati.
I cultori del basso continuo ne prendano nota!
I ricercari e le canzoni ci danno dunque un immagine di Cima compositore; non riescono però a farci vedere quella agilità di mano e nettezza nel batter i tasti ricordata dal Piccinelli. Mancano nella musica di Cima, come in genere nel repertorio tastieristico milanese a noi noto, le toccate, le danze o le variazioni scritte inequivocabilmente per lo strumento a tastiera. E’ questa la grande differenza fra il repertorio tastieristico milanese dell’epoca rispetto al repertorio veneziano, romano o napoletano.
Stampa originale del Partito di Ricercari e Canzoni (1606) di Giovan Paolo Cima. Le quattro voci sono disposte in partitura per permettere all’organista di seguire la polifonia.
Un nuovo ritrovamento
Qualche anno fa, nel 2000, il maestro Cosimo Pontrera ha acquistato su una bancarella di un mercatino di Lecce un manoscritto di musica seicentesca, contenente fra l’altro, alcuni brani di Girolamo Frescobaldi. Speriamo presto in una pubblicazione di tutto questo manoscritto, assai interessante e la cui origine rimane da chiarire.
Un brano di questa silloge è una composizione di Giovan Paolo Cima: un Pass’e mezzo, una composizione che ci apre un piccolo spiraglio in quel mondo, in gran parte forse perduto, della musica tastieristica milanese di primo Seicento.
La composizione è notata in intavolatura italiana, su due sistemi: quello superiore di 5 righi per la mano destra e quello inferiore di 8 righi per la sinistra. Le cinque parti che lo compongono si sviluppano su un basso ostinato:
Abbiamo alcuni esempi simili fra i compositori veneziani: Giovanni Picchi, Marco Facoli e, con una scrittura più elaborata, anche di Andrea Gabrieli.
Nella sua composizione, Giovan Paolo Cima ci mostra il suo talento nei canoni nella prima parte, per poi affidarsi sempre più “all’agilità della mano”, con la progressiva accelerazione delle figure.
Sarebbe prezioso scoprire l’origine del manoscritto e come abbia fatto una composizione di Cima ad arrivare fino in Puglia. Certo non possiamo dimenticare che Frescobaldi, nel suo viaggio di ritorno dalle Fiandre a Roma, si fermò diversi mesi a Milano. Qui, nel 1608, diede alle stampe, usando proprio il formato del partitura alla milanese (un formato dove i righi corrono sulle due facciate) le sue Fantasie, la sua prima opera per strumento da tasto. Una sua lettera, spedita da Milano, ce lo rivela risiedente a Sant’Ambrogio, una chiesa dove spesso accanto all’organo si suonavano strumenti vari, cornetti, violini e tromboni. Sicuramente Frescobaldi in quei mesi conobbe Giovan Paolo Cima, fra i musicisti più in vista a Milano. Frescobaldi potrebbe aver riportato, almeno fino a Roma, la musica di Cima.
Ma forse corriamo troppo nel vedere nel genio ferrarese la spiegazione della presenza di una musica di Cima in un manoscritto di un’area così lontana da Milano.
Ringrazio qui il maestro Pontrera per avermi dato la possibilità di trascrivere questo brano e per avermi autorizzato ad offrirvelo sulle pagine di questo blog.
Eccolo a voi… e buono studio!