I Sonata in Mi bemolle maggiore, BWV 525
Origini
La Sonata in Mi bemolle maggiore, che apre la raccolta, è probabilmente derivata da una composizione per due strumenti melodici e basso continuo. Negli ultimi anni ho ascoltato più volte una “ricostruzione cameristica” di questa sonata, con le due voci superiori affidate al flauto traverso e al violino. Che questo sia l’organico per cui Bach abbia scritto la sonata rimane, però, solo un’ipotesi.
Presso la biblioteca di Berlino si conserva un manoscritto, risalente alla fine del Settecento, dove questa sonata è intitolata Concerto a Violino, Violoncello e Basso, nella tonalità di Do maggiore. Alcuni accordi nella parte del violoncello ci mettono però un sospetto: gli accordi sono infatti ineseguibili sul violoncello (addirittura uno degli accordi è di sei note mentre il violoncello ha solo quattro corde!); gli accordi sarebbero invece molto semplici per una viola da gamba (trasponendo la sonata nella tonalità era di Re maggiore). Possiamo forse immaginare che la versione del manoscritto berlinese derivi da un’ulteriore variante (oggi perduta) con la viola da gamba al posto del violoncello? L’organico violino, viola da gamba e basso, per noi oggi inusuale, era diffuso in Germania del nord. Un esempio ci è dato dalle due raccolte di Sonate a Violino, Viola da Gamba e Cembalo, pubblicate da Dieterich Buxtehude.
Primo movimento (senza indicazioni di tempo)
Il primo movimento, come detto nella prima parte di questo articolo (qui), Bach utilizza, per la segnatura di tempo, il C tagliato, nonostante nella scrittura vi siano molti sedicesimi (una notazione simile la troviamo in altri brani di Bach: ad esempio nel primo movimento del V Concerto Branderburghese). Questa segnatura di tempo, in presenza di sedicesimi, deve influenzare a mio parere non tanto la velocità bensì l’accentuazione della battuta: due soli accenti, ben scanditi.
Il movimento si può suddividere in cinque sezioni A, B, A, B, A (batt. 1-10; batt. 11-21; batt. 22-35; batt. 36-50; batt. 51-58).
Il tema principale ricorre sia nelle parti A che in quelle B parti, ma nelle sezioni A il controsoggetto è costruito da scale, nelle parti B da arpeggi:
E’ importante, nei controsoggetti, differenziare le linee per gradi congiunti delle parti A rispetto agli arpeggi delle parti B, suonando più legato le prime e più separate i sedicesimi arpeggiati.
Il soggetto iniziale è chiaramente originato da due incisi, il secondo dei quali rappresenta un’estensione del primo. L’articolazione suggerita in rosso qui sotto, che evita una separazione dopo il do alla fine della prima misura, è pensata per esaltarne la struttura:
Il piccolo trillo di batt. 2 non è presente in altri passaggi analoghi (battute 10 e 57, mano sinistra); il trillo si trova, in realtà, nel manoscritto di Wilhelm Friedmann ma manca nell’autografo. La neue Bach-Ausgabe lo omette mentre altre edizioni, ad esempio Peters, lo riportano (a nostro parere giustamente).
Lo stesso ornamento a batt. 25 è posto in una posizione diversa, un’ottavo dopo: così è nell’autografo e così diligentemente riporta la neue Bach-Ausgabe; forse si tratta solo di un errore di posizionamento e l’ornamento dovrebbe essere anticipato.
Si noti, dandogli la giusta accentuazione, il tema al pedale (battute 6 e 7; battute 29 e seguenti; battute 51 e seguenti).
Il soggetto a moto contrario presente nelle battute 17 e 18 viene dilatato: il suo profilo diventa sempre meno ritmico e più melodico; è forse opportuno suonare in maniera più melodica questo passaggio e i punti analoghi.
Adagio
La struttura di questo movimento è bipartita, ma la seconda parte è più estesa della prima ed incorpora una sorte di ripresa a batt. 21.
La parte affidata al pedale contribuisce molto ad organizzare la struttura del movimento, sia con progressioni (battute 4,5,6), sia riprendendo il soggetto (battute 6,7,8), sia con andamenti cadenzali che donano un senso forte di chiusura ad alcune frasi (battute 10 e 21).
Una correzione effettuata da Bach a batt. 21 nella sua copia (la quarta nota del Pedale era originariamente un sol, cancellato e trasformato in un do) ci ricorda come il compositore fosse sempre alla ricerca di migliorare e perfezionare la sua musica.
Ornamenti e legature si trovano solo all’inizio del brano. Si tratta quasi sicuramente di un atteggiamento pedagogico: mostrare nelle prime battute quello che deve essere applicato in tutta la composizione. Gli stessi arricchimenti devono, a mio parere, corredare tutto l’Adagio. In particolare l’inizio della seconda parte, eseguito senza ornamenti, suonerebbe veramente povero. Eseguire solo quello che è scritto, senza aggiunte, sarebbe come progettare una chiesa barocca senza stucchi e decorazioni.
Allegro
Il terzo movimento della I sonata, più di ogni altro movimento della raccolta, presenta un perfetta simmetria:
- 64 battute, divise in due parti ripetute
- ogni singola parte chiaramente divisa in due sezioni di 16 battute ciascuna
- la seconda parte corrispondente alla prima, con moto contrario e scambio fra le parti (quello che prima faceva la mano destra ora viene proposto dalla mano sinistra)
Il canone di 8 battute, da batt. 11 a batt. 16, è replicato anche nella seconda parte, ma con maggiore libertà.
A batt. 17 il penultimo sedicesimo della mano destra è forse un si bemolle e non un si bequadro (come invece interpretano la maggior parte delle edizioni), per analogia con batt. 49 dove la penultima nota della mano sinistra è un mi bemolle.
II Sonata in do minore, BWV 526
Vivace
Il primo movimento ricorda nella struttura e negli andamenti un concerto vivaldiano. Il pedale ha funzione di basso continuo.
Le tonalità in cui si presenta il tema iniziale sono: do minore (batt. 1), Mi bemolle maggiore (batt. 17), sol minore (batt.31) e, dopo un grande sviluppo, di nuovo la tonalità d’impianto di do minore (batt. 71). Questi temi, nelle varie tonalità, costituiscono i pilastri della struttura architettonica.
La somiglianza con un concerto vivaldiano è dovuta soprattutto alla struttura armonica del tema: contrapposizione di tonica/dominante alle (battuta 1,2,3) con forte carattere affermativo; impiego della catena di settime (battute 3 e 4) con forte carattere discorsivo. Questi due procedimenti armonici semplicissimi sono il segreto della freschezza e immediatezza della maggior parte delle composizioni di Vivaldi; Bach, qui e in molte altre composizioni, fa suo questo procedere.
A battute 7 e 8 la sezione viene conclusa con una cadenza perfetta, preceduta dall’accelerazione del ritmo armonico (cambi d’armonia: ogni intero in batt. 5 e 6; ogni quarto a batt. 7; ogni ottavo a batt.8).
Il cromatismo presente nell’episodio di battuta 9 e seguenti esalta ancor più la semplicità armonica del tema principale al suo ritorno a 17.
I lunghi trilli di battuta 20 e 21 riprendono l’elemento cromatico. Per la loro esecuzione consiglio di iniziare dalla nota superiore (ma senza far sentire l’appoggiatura) e di terminarli un attimo prima della fine della nota (in modo che si senta per un istante la nota ferma). Così chiede Carl Philipp Emanuel Bach, nel suo trattato, per l’esecuzione delle catene di trilli. E’ importante unire in un unico gesto le due battute.
Durante il lungo sviluppo, che inizia a battuta 38, troviamo due pedali armonici sul V grado (batt. 39-46) e sulla tonica (batt. 47-54). In ciascuno di questi lunghi passaggi il pedale è dapprima inframezzato da pause e nella seconda parte tenuto: l’articolazione dei sedicesimi del manuale potrebbe sottolineare questa differenza, eseguendo i sedicesimi dapprima più trasparenti e poi più legati.
Gli ottavi durante le lunghe note del Pedale hanno legature differenti, apparentemente un po’ a caso e discordanti nei vari manoscritti. Questo ci sottolinea come un’indicazione di articolazione possa essere sempre “interpretata” in maniera creativa. Si vedano, qui sotto, le differenze fra l’autografo e la copia di Wilhelm Friedmann:
Largo
La differenza nelle legature, fra le due fonti principali, si ritrova anche all’inizio del secondo movimento. L’autografo di Bach presenta una legatura di quattro sedicesimi sul primo tempo di ogni battuta; Wilhelm Friedmann articola tutto il tema con legature di solo due note ciascuna:
Io preferisco la legatura dell’autografo, che meglio accentua il ritmo ternario della battuta e da maggiore varietà.
La percezione della battuta in tre è importante per far sì che nelle cadenze (ad esempio a battute 6 e 7) l’ascoltatore percepisca l’emiola, vale a dire la battuta doppia (in 3/2) che si sviluppa a cavallo delle due battute cadenzali. Cadenza importanti, che organizzano il movimento, si trovano alle battute 20, 35, 45.
Si noti inoltre il tema (semplificato), eseguito dal pedale a batt. 24.
Allegro
Il finale è fra i movimenti più impegnativi dell’intera raccolta ed è forse il motivo per cui la II Sonata è spesso richiesta come brano obbligato nei concorsi d’esecuzione organistica. La segnatura 2 tagliato richiede velocità di esecuzione.
La struttura del movimento segue la forma A (batt.1-58), B (batt.58-81), A (batt.82-102); B (batt. 102-125), A (batt. 126-172).
Le parti A sono più contrappuntistiche, in stile fugato, con il pedale che partecipa attivamente al discorso polifonico, nel cosidetto stylus antiquus. Le parti B rappresentano invece lo stylus modernus, con figurazioni ed ornamenti tipici della musica strumentale, svincolata dai modelli vocali. Il pedale nelle parti B ritorna ad essere solo linea di basso continuo. Un contrasto, dunque, fra polifonia ed armonia.
Il soggetto iniziale, come in ogni fuga, guadagna in chiarezza se pensato con un articolazione ben definita, come se si dicesse un testo: ad esempio se le prime due note corrispondono ad una parola di due sillabe (ad esempio Lau-da, o Vi-vit) saranno suonate una più accentuata dell’altra. In questa maniera l’entrata del pedale di batt. 82 diventerà chiaramente un’intensificazione, con una parola ripetuta due volte, e non una successione anonima di quattro note bianche.
L’articolazione di batt. 2 deve corrispondere alla scelta della pedaleggiatura, nei passi analoghi affidati al pedale. Questo il mio suggerimento:
Il trillo di batt. 29 è lungo ma senza risoluzione (bensì con il point d’arrêt ); quando Bach vuole la risoluzione quasi sempre la indica (vedi batt. 40, mano sinistra)!
Le figurazioni della sinistra di batt. 72 vanno eseguite legate a tre a tre , per analogia con batt. 64.
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III Sonata in re minore, BWV 527
Andante
Nel primo e dell’ultimo movimento di questa Sonata Bach usa la forma tripartita (A -B -A, forma con il da capo). Nei manoscritti la parte ripetuta non è scritta per esteso, come avviene invece nelle edizioni moderne, ma semplicemente indicata dalla scritta “da capo”.
La struttura del primo movimento è di grande simmetria, con una regolarità quasi geometrica. La parte A è di 48 battute, divise in due sezioni di 24 battute. La parte B è di 64 battute. Il numero 8 pervade il movimento.
La parte B, che presenta una serie di progressioni, si apre con un nuovo soggetto che, per l’ascoltatore, sembra quasi essere il moto contrario del soggetto principale.
Sono presenti molti segni d’articolazione, con una scrittura molto violinistica. E’ verosimile pensare che anche questa sonata sia nata come composizione cameristica e solo in seguito sia stata adattata all’organo.
Ai molti segni di articolazione, presenti nei manoscritti, ci permettiamo di suggerirne alcuni ulteriori:
- da batt. 16 a batt. 21 (e nei passaggi analoghi) il pedale, se viene suonato leggermente a due a due, esalta la salita cromatica della frase.
- Nella prima battuta del tema una piccola separazione fra do# e re permette di chiarire la ritmica, evitando che il do# suoni come la risoluzione di un trillo.
Il pedale a battute 21 e 22 e in tutti i passi analoghi può ricevere la stessa articolazione (rendendo in tal maniera riconoscibile l’origine del frammento melodico).Il trillo della prima battuta non è di facile esecuzione: se la prima nota del trillo è suonata in maniera chiara e perfettamente in tempo si originano sgradevoli ottave parallele fra soprano e basso. E’ importante immaginare il trillo come arrivo di un crescendo della nota re (la terza nota del tema), che diventa dissonante a metà battuta. Questo crescendo, che un violinista può fare realmente ma un organista può solo immaginare, si realizza grazie al trillo, che si situa a cavallo delle note.
I trilli di battuta 16 e seguenti sono, a mio parere, da eseguire lunghi, formando una catena di trilli.
Adagio e dolce
Il movimento è bipartito, con le due parti ripetute. Ma la ripresa di batt. 21 trasforma il movimento, dal punto di vista compositivo, in una struttura A-B-A. Quasi tutte le frasi sono di due battute, a volte con un andamento omofonico, a volte in stile imitativo.
Nel Concerto per violino, flauto e cembalo BWV 1044 lo stesso movimento è utilizzato da Bach, trasposto in do maggiore e con la dicitura Adagio ma non tanto e dolce. La versione del concerto non è però il modello della sonata per organo, bensì una sua elaborazione successiva. Dal confronto si possono comunque ricavare spunti interpretativi: ad esempio l’uso del solo 8′ al pedale (nel concerto il violone tace); lo scambio dei manuali per la ripetizione delle parti (nel concerto ciò che è eseguito da uno strumento viene affidato, nelle ripetizioni, ad un altro).
Concerto BWV 1044, manoscritto di Johann Friedrich Agricola, conservato presso la Biblioteca di Berlino
Vivace
Come il primo movimento, anche il Vivace finale presenta la struttura A-B-A con il da capo.
Il soggetto iniziale è di 8 battute e nell’intero movimento dominano le frasi di 8 o di 4 battute.
In tutte la raccolta è il solo terzo movimento in cui il pedale non partecipa alla polifonia, limitandosi alla funzione di basso continuo.
Le terzine di sedicesimi danno velocità all’andamento. Quando appare il soggetto iniziale le terzine si interrompono e fanno largo al tema principale, con un apparente rallentamento del ritmo.
Suggerisco la seguente pedaleggiatura per il passaggio di batt. 144: al primo momento questa pedaleggiatura potrebbe sembrare scomoda ma risulta in realtà sicura su ogni pedaliera, per dura e pesante che essa sia:
https://www.youtube.com/watch?v=KMwtuCZ9jk0