Johann Sebastian Bach, “Le sonate in trio” BWV 525-530. 2^ parte

La prima parte di questo articolo (https://lorenzoghielmi.com/johann-sebastian-bach-le-sonate-in-trio-bwv-525-530/) conteneva un’introduzione generale e parlava delle registrazioni organistiche. Questa seconda parte affronta i problemi relativi alla velocità di esecuzione, all’ornamentazione e ai segni di articolazione.

Nel terzo e ultimo articolo faremo una breve analisi dell’architettura formale di ciascuna sonata.

La velocità di esecuzione

La scelta dei tempi è fra le variabili più importanti di ogni interpretazione.

In tutte le sei sonate Bach adotta sempre la forma in tre movimenti: veloce, lento, veloce; solo il primo tempo della IV sonata è introdotto da un breve Adagio di quattro battute. 

I movimenti portano diverse indicazioni: Allegro, Vivace, etc.  Bach ricorre anche a locuzioni composte, per meglio chiarire il carattere desiderato: un poc’Allegro (IV sonata, terzo movimento), Adagio e dolce (III sonata, secondo movimento). 

Nelle opere per clavicembalo la relazione con i movimenti di danza ci  può aiutare ad individuare la velocità. Nelle Sonate in trio questo non è possibile: sebbene alcuni movimenti possano vagamente ricordare delle danze, la più parte si presenta come pura musica strumentale. Non è quindi opportuno indicare qui dei tempi di metronomo (il metronomo fu inventato da Mälzel solo nel 1816!).

Possiamo solo ricordare che nel periodo barocco:

Presto indicava un tempo più veloce di Allegro

la dicitura Vivace era spesso un’indicazione di carattere, più che un’indicazione di velocità 

un Andante era un tempo a metà fra il lento e il veloce; Bach usa la dicitura Andante sia per un tempo “veloce” (III sonata, primo movimento) che per un tempo “lento” (IV sonata, secondo movimento).

 

Un aiuto ci viene però dato dalle segnature di tempo utilizzate da Bach.

Eccone alcuni esempi:

La segnatura 12/8 dell’Adagio della I sonata ci ricorda come la battuta debba essere scandita in 4 tempi (e non all’ottavo!); necessariamente questo condizionerà la velocità (non eccessivamente lenta, quindi); il frequente ricorso al ritmo  croma puntata/ semicroma/croma, ci rimanda al carattere di Siciliana e ci aiuta a trovare la giusta scorrevolezza dei sedicesimi (si noti come questi sedicesimi sono spesso corredati di legatura, per essere ancora più fluidi).

Ben diverso sarebbe stato se Bach avesse scritto questo brano in 6/8……

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La segnatura 3/8 del Vivace della III sonata o del Poc’Allegro della IV sonata richiama la leggerezza delle danze in 3/8: la battuta va scandita in tre tempi leggeri e non in uno. Il risultato sarebbe diverso se Bach fosse ricorso alla notazione 6/8 (tempo tendenzialmente più veloce nell’andamento degli ottavi, da battersi in due). L’interprete dovrebbe sempre domandarsi: “come suonerei lo stesso brano se fosse scritto diversamente?”. La scrittura diversa dovrebbe originare una differenza, sia di velocità che di accentuazione.

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Nel primo movimento della I sonata e della II sonata e nell’ultimo della VI sonata Bach utilizza la segnatura del C tagliato (alla breve), nonostante la presenza di sedicesimi come valore piccolo di riferimento (nei tempi  alla breve di solito il valore più piccolo è l’ottavo). L’uso del C tagliato rappresenta una scelta consapevole di alterazione dell’accentuazione della battuta rispetto alla segnatura C (si noti per altro che l’edizione Peters erroneamente omette il C tagliato da tutti questi movimenti). La differenza fra C è C tagliato è da riferirsi più all’accentuazione che alla velocità. 

Sarà necessario pensare solo due tempi per battuta; più che la velocità è importante quindi l’accentuazione: ben pesati il primo e il terzo quarto e leggeri il secondo e il quarto quarto della battuta.

Nel terzo tempo della II sonata il valore piccolo di riferimento è costituito dagli ottavi: qui Bach, non a caso, adotta il simbolo 2 con il taglio, usato per indicare un movimento molto veloce.

L’ornamentazione e i segni di articolazione

Ornamenti, diteggiature, registri dell’organo, segni di articolazioni: questi elementi, così preziosi per l’interprete di oggi, sono purtroppo quasi sempre omessi dai compositori del barocco. Questi dettagli erano considerati legati all’immediatezza della singola esecuzione e appartenevano ad una tradizione viva, tramandata da maestro ad allievo a viva voce. Ho dedicato a questo argomento un articolo (“Il suonar senza trilli è cosa insipida”; qui: https://lorenzoghielmi.com/pubblicazioni/ ).

I manoscritti più autorevoli che ci conservano le Sonate in trio sono due: l’autografo di Bach e la copia redatta dalla moglie Anna Magdalena e dal figlio Wilhelm Friedmann. Confrontando le due versioni notiamo nella copia di  Wilhelm Friedmann molti ornamenti e segni d’articolazione aggiunti in un secondo tempo: sono forse il frutto di una lezione del padre che mostrava al figlio come fare?

A titolo di esempio riportiamo il Lente della VI sonata. Il movimento acquisisce, grazie agli ornamenti e alle articolazioni aggiunte, un carattere assai più definito:

Autografo di Bach

 

 

Copia di Wilhelm Friedmann, con più ornamenti, legature e segni di staccato.

Forse è dunque non solo legittimo, ma auspicabile seguire la lezione di Bach padre e misurarsi con l’aggiunta di ornamenti non scritti e con varietà d’articolazione. Nel quaderno di musica di Wilhelm Friedmann si  conserva la  celebre tavola esplicativa degli ornamenti.

 

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Nel considerare i segni di articolazione è importante capire la loro relazione con le arcate violinistiche. Il segno di legato, presente nella musica per tastiera, deriva infatti dalle indicazioni di arcata (fu introdotto per la prima volta da Samuel Scheidt nel 1624; non a caso Scheidt chiama la legatura imitatio violistica).

Un passaggio come questo ( dal terzo movimento della VI sonata) deve essere interpretato immaginando come suonerebbe un violino, seguendo le indicazioni di arcata che legature e puntini suggeriscono:

La figurazione di un sedicesimo col punto seguiti da tre sedicesimi sotto legatura corrisponde non tanto ad una separazione dopo la prima nota del gruppo (come faremmo nel repertorio pianistico) bensì ad una maggiore energia della prima nota; la quantità d’arco, tirato in giù sulla prima nota, sarà infatti pari a quella dell’arcata in su per le tre note seguenti. Come conseguenza la prima nota sarà accentuata e forse leggermente più lunga delle seguenti tre. Nell’organo per rendere questo effetto sarà importante concentrarsi sull’articolazione prima della nota staccata (per darle forza) piuttosto che sul punto di staccato, inteso come una cesura dopo la nota.

Ma forse basterebbe chiedere ad un violinista di suonare il passaggio e cercare poi, sull’organo, di imitarlo…