Completamenti di alcune opere di Johann Sebastian Bach

Perché fare un lavoro del genere?

Recentemente ho pubblicato alcune opere di Bach, pervenuteci in forma frammentaria, con il mio modesto tentativo di completamento (le trovate qui). Qualche collega mi ha fatto i complimenti; altri amici mi hanno chiesto perché fare un lavoro del genere. E’ una buona domanda e me lo sono chiesto anch’io: perché fare un lavoro del genere? A cosa mi è servito?

Provate voi a farlo… capirete subito: di fronte ad una pagina del grande autore rimasta a metà, la prima cosa che viene da dire è: «Che peccato!». La seconda cosa è: «Ma chissà come continuava…». La stessa sensazione si può avere con un libro giallo preso in biblioteca quando, arrivati in fondo, vi accorgete che un dannato lettore, che aveva il libro in prestito prima di voi, si è divertito a strappare le ultime venti pagine. Ma se del libro potrete cercarne un altro esemplare, nel caso dei brani di Bach in questione non c’è speranza: il manoscritto è uno e si interrompe lì.

Ritorniamo al nostro libro giallo. Immaginiamo che non riusciate a procurarvi un altro esemplare completo. Iniziereste comunque a pensare chi poteva essere il colpevole e come andava a finire il complotto. Ogni ipotesi però dovrà essere calzante con i contenuti delle pagine che avete letto: ecco allora che iniziereste a rileggere per verificare le vostre ipotesi, accorgendovi improvvisamente di dettagli sfuggiti ad una prima lettura.

La stessa cosa avviene quando vi mettete a completare un brano di Bach: ipotesi e verifiche, con uno studio sempre più attento e profondo della sua scrittura. La sua maniera di comporre è un vero e proprio piano architettonico, di cui si possono spesso capire i disegni generali e intuire i dettagli. La sua maestria è incomparabile e il suo modo di procedere non è mai scolastico. Ma è più difficile completare una Toccata di Frescobaldi, la cui scrittura è veramente imprevedibile e discontinua, che una composizione del Kantor di Lipsia.

Analisi e contrappunto

La prima cosa che avviene, quando ci si mette alla prova, è confrontarsi con l’analisi del contrappunto e non c’è miglior metodo di studiarlo che provare noi stessi a scrivere musica. Si impara meglio a nuotare tuffandosi in acqua che guardando un tutorial su come muovere braccia e gambe (beh certo tuffandosi forse in acque non profonde e forse con qualche piccola nozione di come muoversi).

Data per scontato quindi una preparazione contrappuntista di base, ecco che ogni soluzione che ci proponiamo, per costruire un segmento del brano mancante, va verificata nella parte originale esistente: c’è un caso analogo fra quello che sto facendo e quello che ha scritto Bach? Fino a che punto Bach si adegua a delle regole? Provando a comporre così studiamo la sua musica e diventiamo idealmente suoi allievi.

La forma

Una domanda fondamentale a cui rispondere è la forma finale che debba assumere il brano: quanto lungo e con che struttura. Se la composizione è basata sulla melodia di un corale, questa melodia, preesistente alla composizione bachiana, ci può essere di guida.

Tre brani di Bach su corale ci sono pervenuti in maniera frammentaria: BWV 753, BWV 764 e BWV Anh.200. E’ sempre difficile scrivere confrontandosi con Bach, ma almeno in queste composizioni sappiamo quanto era lungo il brano e come era concepito.

Quando ci troviamo di fronte ad una Fuga o ad una Fantasia lasciate incomplete sappiamo forse il numero delle voci, lo stile ma rimane totalmente un ipotesi quanto lungo ancora dovesse essere il brano. E’ quindi più semplice completare il corale “O Traurigkeit, o Herzeleid“, anche se si conservano solo due battute, che la Fantasia in do maggiore BWV 573, di cui si conservano 12 battute ma di cui non abbiamo la minima idea di quale fosse, nella mente di Bach, il piano dell’opera.

L’Arte della Fuga

Fra tutti i miei completamenti (4 pubblicati, a cui si è aggiunta da poco la Fuga a cinque voci BWV 562,2) la parte finali dell’Arte della Fuga è stata sicuramente l’impresa apparentemente più azzardata. A parere di molti, toccare l’Arte della Fuga è un vero e proprio sacrilegio. L’Arte della Fuga è infatti l’opus ultimum, lasciato incompleto sul letto di morte dal grande genio.

Per molti è necessaria un’esecuzione troncata a metà e seguita da un minuto di religioso silenzio dopo l’interruzione. Soluzione a mio parere poetica, ma totalmente estranea da quanto desiderato da Bach.

Ma perché le composizioni sono incomplete?

Un’esecuzione interrotta è simile alla contemplazione del torso di una statua non finita: che questa possa essere un’opera d’arte valida era un concetto totalmente estraneo alla mentalità degli antichi maestri. Per loro, se un artista moriva, qualcun altro, forse un allievo, portava a termine il lavoro. L’opera d’arte “non finita“ era considerata di scarso valore, era vista come “inutilizzabile“.

Possiamo dire innanzi tutto che Bach non voleva lasciare delle opere incomplete. Ma perché allora alcune opere di Bach lo sono?

Nel caso del corale “Jesu meine Freude“ BWV 753, Bach scrisse la prima parte nel quaderno del figlio maggiore Wilhelm Friedmann, forse perché lui, il più dotato ma il più irrequieto dei figli, lo terminasse……è quindi questo frammento un compito non portato a termine?

In altri casi semplicemente Bach non ebbe il tempo di terminare l’opera, distratto da altri impegni più urgenti. E’ il caso di alcune pagine organistiche scritte a Lipsia: non dimentichiamo che in questa città Bach era Kantor non organista e quindi suonare l’organo non era più fra i suoi doveri istituzionali. Fra queste categoria di composizioni troviamo il corale “O Traurigkeit, o Herzeleid“ BWV Ahn.200 (il cui abbozzo fu aggiunto, negli anni di Lipsia, ad una raccolta iniziata molto tempo prima, il celebre Orgelbüchlein) e la Fuga in do minore BWV 562,2 di cui si conserva solo la prima pagina.

Il caso dell’Arte della Fuga è invece molto più complesso: secondo la tradizione fu la morte a non lasciargli terminare l’opera. A mio parere leggende e manomissioni hanno oscurato in più punti la trasmissione di questo lavoro lasciato da Bach incompleto, ma di cui è possibile intuirne il disegno finale.

Per chi è in grado di seguire un linguaggio un po’ più tecnico ecco di seguito la traduzione italiana di un mio articolo apparso in tedesco  sul Basler Jahrbuch für historische Musikpraxis del 2010…

qui il link: https://lorenzoghielmi.com/wp-content/uploads/2021/03/pubblicazioni-pdf-14.pdf