Le Partite BWV 825-830

un antologia di danze per clavicembalo o una sapiente costruzione di architettura musicale?

Molte composizioni per organo o per clavicembalo di Bach ci sono state tramandate riunite in raccolte. Alcune di queste raccolte sono manoscritti compilati da allievi, altre sono scritte dallo stesso Bach e altre ancora, infine, sono raccolte da lui pubblicate a stampa.

Fra le raccolte pubblicate troviamo:

le Partite e le Variazioni Goldberg, per clavicembalo;

la terza parte della Clavier-Übung, i corali Schübler e le Variazioni canoniche, per organo;

l’Arte della Fuga, il cui progetto di stampa era in corso di realizzazione quando Bach morì. Questo ultimo grande ciclo fu pubblicato dopo la morte dal figlio Carl Philipp Emanuel e da Friedrich Wilhelm Marpurg.

Bach costruisce la logica interna del cicli da lui pubblicati con estrema cura: la volontà evidente è che le varie composizioni non siano una  semplice antologia di brani bensì che la raccolta intera diventi un’opera d’arte unitaria. Cercheremo di vedere come questo avviene, guardando da vicino le Partite BWV 825-830.

Bach compose tre cicli di suites per clavicembalo: le Suite inglesi, le Suite francesi e le Partite.

Suite inglesi

Secondo Johann Nikolaus Forkel, il primo biografo di Bach, il nome «inglesi» deriva dal fatto che furono commissionate a Bach da un gentiluomo inglese. Il misterioso personaggio, se mai è esistito, non è però mai stato identificato.

Il nome originario poteva anche essere Suites avec Preludes: ognuna delle sei Suite è infatti preceduta da un grande Preludio. Sebbene abbastanza simili fra loro non siamo sicuri che le sei composizioni sia nate insieme. Probabilmente la prima in la maggiore fu composta già negli anni di Weimar e potrebbe anche essere che Bach, sollecitato a consegnare una raccolta di sei suite (sei era il numero tipico di questo genere di antologie) abbia cercato nel suo armadio composizioni per soddisfare una commitenza, unendo brani fra loro simili. Il ciclo non sembra avere una pianificazione unitaria così stringente.

Suite francesi

Il nome Suite francesi deriva, sempre secondo Forkel, dal fatto di riproporre andamenti in stile francese, ma anche per questa raccolta il nome non è stato dato da Bach. Ritroviamo l’autografo di queste pagine fra le composizioni scritte nel quaderno di Anna Maddalena, la giovane moglie, sposata da Bach in seconde nozze. Qualcuno è giunto a dire che queste Suite fossero un regalo di nozze.

Sicuramente il loro raggruppamento in un ciclo di sei è testimoniato da molte copie fatte dagli allievi. Delle sei suite, tre sono in tonalità minore e tre in tonalità maggiore.

Partite

Il ciclo delle Partite presenta un’organizzazione interna molto più studiata e ogni dettaglio sembra pianificato. Le sei Partite furono la prima opera che Johann Sebastian Bach diede alle stampe. Tra 1726 e il 1730 le singole partite vennero stampate separatamente con cadenza annuale per essere poi, nel 1731, riunite in un’unica raccolta con l’emblematica dicitura opus 1. Il titolo Clavier Übung, (letteralmente «esercizio per la tastiera»), riprende una dicitura analoga, utilizzata da Johann Kuhnau, suo predecessore nella carica di Cantor di San Tommaso a Lipsia.  Bach aveva assunto questo incarico nel 1723 ma evidentemente, accanto all’indiscussa autorità guadagnata nel campo della musica sacra, desiderava forse, con la pubblicazione delle Partite per cembalo, assicurarsi una posizione come virtuoso di strumenti a tastiera davanti ad un pubblico più grande.

Sulla scia di Georg Friederich Haendel, che solo cinque anni prima aveva pubblicato le sue Suites de Pieces de Clavecin (1720), anche Johann Sebastian Bach decise di dedicare la sua prima opera stampata ad un genere alla moda: la suite, una raccolta di danze. Le sei partite rappresentano a tutti gli effetti l’ultima e la più matura parola di Bach su questa forma musicale. Il successo della vendita delle partite pubblicate separatamente, convinse Bach a ripubblicarle nel 1731, come raccolta completa.

La varietà e il carattere di «compendio di generi»

In ogni tratto della raccolta prevale la volontà di costruire una sorta di compendio: vale a dire di raffigurare tutte le possibilità con cui lo stesso genere musicale può essere rappresentato.

Le sei Partite iniziano tutte con un preludio, ma i sei brani di apertura sono intenzionalmente differenti, a partire dal loro titolo: Praeludium, Sinfonia, Fantasia, Ouverture, Praeambulum, Toccata.

A prova di questa ricerca di varietà si può osservare come la prima versione della III e della VI Partita, conservate manoscritte nel Quaderno di Anna Maddalena Bach, riporti per i due brani d’apertura il titolo generico di Prelude, da Bach cambiato nella versione a stampa con le diciture Fantasia e Toccata.

Anche per ciascuna danza Bach compose sempre brani in stile differente, quasi a valor esaurire per ogni andamento tutte le tipologie possibili. Ad esempio, ognuna delle sei Allemande è diversa nell’utilizzo delle piccole note ornamentali:

l’Allemande della I Partita è assai tradizionale, con figurazioni in sedicesimi;

solo apparentemente simile quella della Partita II: il tempo qui è infatti «in C tagliato» (si noti che l’uso del tempo tagliato in questo caso non significa per Bach «il doppio più veloce», ma bensì con due accenti principali per battuta invece che quattro).

Nella Allemande della III Partita Bach introduce trentaduesimi e ritmi puntati;

nella Partita IV un andamento molto più ricco di sincopi e gruppi irregolari; nell’Allemande della Partita V le note ornamentali sono una serie di terzine di sedicesimi.

Nella VI e ultima Partita la complicazione ritmica raggiunge il suo apice, tanto che è facile cadere nell’errore interpretativo di rallentare troppo il brano e perdere così la pulsione dei quarti, tipica di questa danza.

Già delle Suite francesi Bach aveva usato accanto alla Courante alla francese – una danza in realtà non troppo veloce e con una ricchezza ritmica data dall’alternanza di gruppi di due e di tre note – la Corrente di tipo italiano, un movimento più leggero e veloce.

Nelle Partite le Correnti della II e della IV sono in stile francese mentre le rimanenti prendono più a modello la tradizione italiana. Fra queste quattro Correnti all’italiana ognuna ricorre ad una notazione differente.

Partita I in 3/4 (ma con terzine che la fanno sembrare in 9/8);

Partita III in 3/4 ma con sedicesimi;

Partita V in 3/8  con andamento continuo di sedicesimi;

Partita VI in 3/8 con  presenza di trentaduesimi e di molti ritmi in sincope.

Per ogni tipologia di danza, presente nel ciclo, troviamo la stessa volontà di varietà e di esemplificazione.

L’esempio estremo è l’ultima Gigue, che conclude la raccolta. Questa si presenta come una Giga in tempo binario, una tipologia assai rara nel panorama musicale e che forse Bach conosceva attraverso i modelli di Johann Jakob Froberger.

Numeri e tonalità

La raccolta completa comprende 41 brani.

Se diamo valore numerico alle lettere (A=1; B= 2, C=3, etc), il numero 41 rappresenta la somma delle lettere J S B A C H. Come il numero 14 (B A C H), anche il 41 ritorna più volte nelle opere bachiane della maturità (ad esempio nell’Arte della Fuga e nell’ultimo corale composto in punto di morte), diventando una sorta di firma nascosta del compositore.

E’ interessante notare come la seconda parte della Clavier-Übung, pubblicata  nel 1735, con il Concerto italiano ed l’Ouverture alla francese contenga un totale di 14 brani.

Le tonalità delle Partite sono le seguenti: Si bemolle maggiore, do minore, la minore, Re maggiore, Sol maggiore, mi minore.

Tre maggiori e tre minori. I punti di partenza sono trovati salendo di una seconda e, nel passo dopo, scendendo di una terza, salendo di una quarta e scendendo di una quinta, e per ultimo salendo di una sesta.

Nella seconda parte della Clavier-Übung Bach continua la progressione: il Concerto italiano è in Fa maggiore. L’Ouverture alla francese in si minore.

Il si naturale completa infatti le antiche note gregoriane: Ut, Re, Mi, Fa , Sol , La, Si bemolle e il Si bequadro.

Come per le due Partite III e VI anche dell’Ouverture alla francese esisteva nel quaderno di Anna Maddalena una prima versione. Questa era in do minore: la trasposizione in si minore è sicuramente dovuta alla ricerca di dare un senso ciclico alla raccolta.

Il carattere matematico e speculativo non si percepisce certo al primo ascolto di queste danze: la loro eleganza, tutta settecentesca, sembra richiamare il mondo frivolo delle corti europee dell’epoca, più che la ferrea logica geometrica che le pervade. Non pochi brani cosiddetti “di galanteria” sono inseriti in ogni partita: si tratta spesso di pezzi insoliti o raramente presenti nella musica per cembalo di Bach (brani come, ad esempio, il Capriccio, la Burlesca, lo Scherzo). In questa fusione perfetta di ragione e bellezza sta la grandezza di questa raccolta.

Altre tre opere col titolo Clavier-Übung fecero seguito alle Partite negli anni seguenti: la seconda parte nel 1735, contenente il Concerto italiano ed l’Ouverture alla francese; la terza parte nel 1739, dedicata all’organo; la quarta parte nel 1741, con le cosiddette Variazioni Goldberg. Con questo caleidoscopio di opere per strumenti a tastiera, Bach eresse un vero e proprio monumento alla propria arte. Anticipò così le parole scritte nel suo necrologio: alla sua morte fu pianto infatti come “il più grande organista e cembalista mai conosciuto”.

Ma uno sguardo attento avrebbe potuto definirlo il più grande architetto in musica di tutti i tempi…..

https://www.youtube.com/watch?v=D2cbd82Vhek

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Anno 1630