Le diteggiature antiche II parte

le fonti rinascimentali; Girolamo Diruta

Nella prima parte di questo studio sulle antiche diteggiature abbiamo parlato degli esempi più antichi, quelli della scuola organistica cosiddetta “gotica” (cfr. https://lorenzoghielmi.com/le-diteggiature-antiche-i-parte/).

A partire dalla seconda metà del Cinquecento troviamo in tutta Europa codificarsi una prassi che possiamo definire “rinascimentale”; con leggere differenze da nazione a nazione,  tutte le fonti conosciute (trattati, brani diteggiati a modo di esempio, singole diteggiature presenti sporadicamente in alcuni manoscritti) sembrano indicare una comune estetica: quella di un’articolazione parlante, che organizza in maniera ordinata le figurazioni veloci.

Esaminiamo le fonti: possiamo innanzi tutto distinguere indicazioni che si riferiscono all’esecuzione di accordi ed indicazioni per la successione di note veloci, eseguite con la stessa mano (vale a dire le diteggiature di scale e passaggi).

Gli accordi

Gli accordi – e di conseguenza i brani polifonici come i ricercari, i tientos o genericamente la musica simile alla polifonia vocale – venivano eseguiti in una maniera poco legata. Lo possiamo facilmente dedurre dai manoscritti e dai trattati che ci indicano le diteggiature per l’esecuzione degli accordi.

Agli intervalli corrispondono delle diteggiature fisse; ad esempio: le terze si eseguono con il secondo e il  quarto dito; le quinte con il secondo e il quinto…. e via dicendo. Non si utilizza la sostituzione muta delle dita (la cui prima esplicita testimonianza è contenuta nel L’Art de toucher le clavecin di François Couperin, Parigi 1717) e non vi è particolare preoccupazione di concatenare un accordo all’altro. Ne consegue un suonare con un silenzio di articolazione, fra un accordo e l’altro, decisamente marcato.

Ecco, come esempio, le indicazioni dell’Organo suonarino di Adriano Banchieri (Venezia, 1611):

Si veda anche questo secondo esempio: un Praeludium del virginalista inglese John Bull (si notino le diteggiature con cui vengono suonati gli accordi):

Le scale e i passaggi

L’esecuzione degli accordi in maniera separata continuava una prassi più antica. Nel Rinascimento un nuovo elemento stilistico è rappresentato dalla successione di note veloci che si muovono per grado congiunto; simili figurazioni non erano presenti nella musica del tardo Medioevo e del periodo gotico. La loro esecuzione rappresenta un elemento di novità nella tecnica organistica e nel sistema di diteggiature: questi passaggi sono eseguiti con l’alternanza di due dita e non, come nella tecnica moderna, con l’impiego di tutte le dita.

Possiamo esaminare l’esempio di Bull, sopra riportato, per vederne un’applicazione.

Le varie scuole nazionali propongono però apparentemente metodi diversi: i virginalisti inglesi collocano il dito medio come perno dei movimenti collocandolo sulle note che cadono sui movimenti forti. Nella mano destra quindi le scale si eseguono con l’alternanza di terzo e quarto dito, ascendendo, e con il terzo e il secondo dito discendendo. La mano sinistra è speculare nei movimenti discendenti, ma coinvolge accanto al terzo dito anche il pollice nelle scale ascendenti.

Jan Pieterszoon Sweelinck adotta le stesse diteggiature degli inglesi per la mano destra; nella mano sinistra affida al secondo dito il ruolo di dito portante.

Sono molte le fonti del Rinascimento e del primo barocco che riportano diteggiature. Riportiamo qui di seguito le più importanti:

Jaun Bermudo (1555); Elias Nikolaus Ammerbach (1571);, Hernando de Cabezon (1578); Girolamo Diruta (1598); Adriano banchieri (1611); Jean Titelouze (1623); Francisco Correa de Arauxo (1626).

Vi sono inoltre molti manoscritti e stampe, in cui compaiono diteggiature (William Byrd, John Bull, Orlando Gibbons, Jan Pietrszoon Sweelinck, Christian Erbach e molti altri).

Lo studio di tutte queste indicazioni, musiche e trattati potrebbe in un primo momento disorientarci, perché ogni maestro ed ogni scuola adotta un diverso dito portante. Ciò nonostante è il sistema di alternanza di un dito considerato forte (o buono) e di un dito debole (o cattivo) per l’esecuzione delle scale che accomuna il Rinascimento in tutta Europa.

Girolamo Diruta

Il trattato il Transilvano di Girolamo Diruta (allievo di Claudio Merulo), pubblicato a Venezia nel 1593, ci illumina sul pensiero che sta alla base di tutti i sistemi di diteggiatura rinascimentali. La lettura attenta di questo volume è molto interessante: Diruta ci fa capire perché gli antichi usassero due dita per eseguire le scale e i passaggi.

dito buono e dito cattivo

Nel suo trattato Diruta ci parla di dita “buone e cattive”: con questo stabilisce quali sono le dita che cadono sulle note dispari di un passaggio (vale a dire la prima la terza la quinta nota, che sono in posizione ritmicamente accentuata in un passaggio) rispetto alle note “cattive”, cioè in posizione debole da eseguirsi con le dita cattive.

Per Diruta le dita buone sono il secondo e il quarto dito. Nella mano sinistra discendendo troviamo un arcaismo: la successione di secondo e terzo dito, escludendo il quarto, esattamente come avevamo visto nel Fundamentum di Buchner. (qui: https://lorenzoghielmi.com/le-diteggiature-antiche-i-parte/)

In tutti gli autori rinascimentali in Europa il principio base dell’alternanza di un dito buono e di uno cattivo è rispettato; solo c’è una diversa attribuzione dei ruoli. Ad esempio per John Bull (vedi l’esempio sopra) è il terzo dito della destra il dito forte e non il secondo. La polemica su quale fosse la soluzione migliore era viva anche all’epoca: lo conferma Michael Praetorius nel suo Syntagma Musicum del 1614, dicendo che alcuni preferiscono il terzo altri il secondo e il quarto. Egli diplomaticamente dichiara che alla fine si può suonare anche con il naso, basta ottenere un risultato bello, pulito e piacevole.

Ma quello che deve essere chiaro a noi è il risultato che si ottiene con l’alternanza di sole due dita, qualunque esse siano: è la capacità con tale sistema di l’imitare le diminuzioni dei cornettisti e degli strumenti a fiato.

la Lingua dell’Organo sono le mani…

Così ci dice Diruta.

Egli spiega che le dita sono per l’organista quello che è la lingua per un cornettista; le dita, ben disposte, consentono la pulizia dell’articolazione. L’uso di due dita alternate crea una sottile differenza fra un’articolazione di dito ed un’articolazione di mano. Lo spostamento della mano (quando finita la coppia di dita, la mano è obbligata a spostarsi) è leggermente più marcata. Questa duplicità di movimenti e di articolazione permette agli organisti di imitare il famoso doppio colpo di lingua che i cornettisti e i flautisti ottengono pronunciando coppie di sillabe (te-ke-te-ke o de-ghe-de-ghe – si vedano i trattati per strumenti a fiato dell’epoca). Capiamo allora perché Diruta, dopo averci spiegato i segreti della diteggiatura, ci dice che  potremo, con questa tecnica, finalmente suonare anche la musica di Girolamo da Udine! Questi era nient’altro che Girolamo della Casa, virtuoso suonatore di cornetto in San Marco a Venezia.

Nella Facultad organica (1626) di Correa de Arauxo troviamo un riferimento simile; Correa richiede un “suonar pulito” per i suo Tientos che contengono trentaduesimi. Egli paragona la mancanza di articolazione delle note veloci a quella di un pigro trombonista di Siviglia che rinunciava in velocità ad articolare il suono, con un risultato deplorevole.

Oggi spesso le diteggiature rinascimentali vengono interpretate come un suonar legato a due a due: ma in realtà l’interpretazione corretta avviene non tanto quando le note sono legate due a due ma quando sono tutte articolate, con una differenza fra un’articolazione più forte ed una più debole.

Nella mia esperienza è più facile usare un mezzo tecnico ineguale, quale la diteggiatura con una sola coppia di dita (quindi usando le cosidette diteggiature antiche), cercando velocità ed eguaglianza con la mente piuttosto di usare delle diteggiature moderne, che sono nate per avere la massima eguaglianza, e cercare con la mente di suonare una nota più articolata e l’altra meno.

Il virtuosismo, dai virginalisti inglesi fino al jeu perlé di Chopin, sembra sempre presupporre la stessa attitudine mentale: uguaglianza e velocità. Adottando il sistema “dito buono e dito cattivo” il risultato è una regolare alternanza di note ordinate a due a due.

La filigrana che ne risulta permea l’ordine della musica rinascimentale in tutta Europa.

https://www.youtube.com/watch?v=L6zsHBeRjCk